Il Presidente Giorgio Napolitano alla delegazione di vescovi: il dialogo interreligioso
quale strada maestra per la riconciliazione tra i popoli
Riportiamo qui di seguito il saluto pronunciato a braccio dal Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano, durante la visita al Quirinale di una delegazione dell’Assemblea
Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi
Eminenza Sandri, Monsignori
Beatitudini, Vi ringrazio profondamente per aver voluto renderci visita e darci
testimonianza di un evento molto significativo: possiamo forse dire, senza esagerare,
di un evento di portata storica, quale è il Sinodo del Medio Oriente. Avete voluto
venire in questo Palazzo nel quale i Presidenti della Repubblica sono gli ultimi arrivati:
siamo qui, io e i miei predecessori, soltanto da sessant'anni, dopo che per quasi
tre secoli è stata residenza dei Papi. Ma vorrei subito dirvi che vi ringrazio
anche per il vostro "bell'italiano": ho sentito il Patriarca Naguib: io non sarei
stato in grado di dialogare con voi in latino perché sono troppo lontani i tempi dei
miei studi. Questa conversione dal latino all'italiano è cosa che da Presidente della
Repubblica apprezzo profondamente. Il vostro impegno, se ben intendo, è un impegno
di rinnovamento, di rilancio e di valorizzazione della presenza cattolica e più in
generale delle comunità cristiane nel Medio Oriente. Ed è un impegno dal quale - sono
convinto - può trarre grande beneficio e impulso la causa del pluralismo religioso,
la causa del dialogo, la causa della pace in questa regione tormentata. Naturalmente,
senza confondere le responsabilità della politica con la responsabilità delle Chiese,
credo che ci sia qualcosa di profondamente comune, pur nella distinzione, tra l'impegno
di autorità politiche come quelle italiane e l'impegno vostro, soprattutto per la
pace. Nel corso dell'ultimo anno o poco più sono stato in vari paesi della regione:
a Gerusalemme per un incontro sia con le autorità israeliane sia con le rappresentanze
palestinesi, perché noi siamo sempre profondamente dominati dall'assillo per la soluzione
di pace che da troppo tempo viene attesa tra Israele e popolazioni e rappresentanze
palestinesi; l'Italia ha sempre operato - e questa è stata una costante della politica
estera italiana, al di là del succedersi dei governi - in uno spirito di amicizia
con Israele e, nello stesso tempo, in uno spirito di amicizia autentica con i Paesi
arabi, per il superamento di quel conflitto affinché si giunga finalmente alla convivenza
pacifica, nel mutuo rispetto, dello Stato di Israele e di uno Stato Palestinese indipendente,
stabile e prospero. Non sappiamo se davvero in questa fase si stiano aprendo finalmente
delle strade nuove, lo auspichiamo vivamente: opera per questo il nostro governo qui
rappresentato dalla sottosegretaria Craxi che proprio nell'ambito del Ministero degli
Affari esteri si dedica con particolare passione al perseguimento di questo grande
obiettivo. Ci auguriamo che sia così, e che tutti possiamo veramente dare il nostro
contributo, perché finalmente si esca da una situazione che non è soltanto di enorme
sofferenza in modo particolare per le popolazioni palestinesi, ma di gravissima incidenza
su tutto il quadro regionale del Medio Oriente, o - come adesso si usa dire - del
grande Medio Oriente. Noi sappiamo che nel momento in cui venisse finalmente risolta
- e risolta secondo giustizia - la questione del conflitto israelo-palestinese, si
potrà davvero anche andare verso il superamento di molte altre preoccupanti tensioni
in tutta la regione. Voi avete parlato giustamente, più in generale, di diritti
umani: una volta si diceva "diritti dell'uomo", con una traduzione discutibile, perché
i diritti umani sono diritti della persona - dell'uomo come della donna - e questa
è una delle fondamentali dimensioni dell'impegno dell'Unione europea. Credo sia un
impegno che dovremmo sempre tenere in primissimo piano, anche quando siamo assillati
dalla crisi economica e quindi si discute moltissimo di economia, si vedono cifre
e diagrammi e si fanno previsioni. Ma non possiamo mai dimenticare che l'Unione europea,
e prima ancora la Comunità europea, è nata come comunità di valori, e tra questi valori
i diritti umani sono un cardine essenziale che - ripeto - dovrebbe sempre guidare
l'azione dell'Unione europea anche quando l'attenzione è così fortemente richiamata
da altre problematiche. Nell'ultimo anno sono stato anche in Libano e in Siria,
e certamente in questi due Paesi ci sono delle condizioni migliori anche per l'operare
dei cattolici e dei cristiani: c'è più pluralismo, più rispetto e credo siano veramente
un esempio che dovrebbe estendersi ad altre realtà statuali di questa parte del mondo.
Anche l'Unione europea, nello sviluppare le proprie relazioni con questi paesi, non
dovrebbe mai trascurare di porre con forza il problema della libertà di culto e, più
in generale, della libertà religiosa, del pluralismo religioso. Io per la verità proprio
a Damasco ho incontrato i rappresentanti di tutte le confessioni - non so se ci fosse
qualcuno di voi - e ricordo che c'erano anche i rappresentanti della comunità musulmana
e della comunità ebraica. Credo che effettivamente questo grande filone del dialogo
tra le religioni monoteiste, che la Chiesa Cattolica persegue con molta convinzione
- l'attuale Pontefice lo fa in prima persona - sia davvero una delle strade fondamentali
per assicurare quella che qualcuno ha chiamato, credo in modo appropriato, la riconciliazione
tra le civiltà. In fondo, per far fronte a sfide così complesse, così ardue in
questa fase storica che toccano perfino problemi di sopravvivenza del pianeta e quindi
temi del nostro destino comune, credo che la riconciliazione possibile, e da perseguire
attivamente, tra le civiltà sia la maggiore risorsa di cui disponiamo per nutrire
la nostra speranza e per perseguire i nostri ideali, i nostri obiettivi.