Intervento di Mons. Dimitrios SALACHAS, Vescovo titolare di Carcabia, Esarca Apostolico
per i cattolici di rito bizantino residenti in Grecia (GRECIA)
La massiccia emigrazione di fedeli orientali cattolici dal Medio Oriente in Occidente
in territori di circoscrizioni ecclesiastiche latine pone l'urgente problema della
loro cura pastorale e del loro stato giuridico. Il Vaticano II e in seguito il supremo
legislatore nella Chiesa cattolica, il Romano Pontefice, nella sua sollecitudine per
la Chiesa universale, con la promulgazione di due Codici, uno per la Chiesa latina
e un altro per le Chiese orientali cattoliche, vi ha sufficientemente provveduto con
norme adatte ordinando la fedele osservanza.
Anzitutto il Codice orientale
enuncia un principio generale, secondo il quale i fedeli delle Chiese orientali, anche
se affidati (commissi) alla cura pastorale di un vescovo o del parroco di un'altra
Chiesa sui iuris, inclusa qui anche la Chiesa latina, rimangono tuttavia sempre
ascritti alla propria Chiesa, tenuti ad osservare ovunque nel mondo il proprio rito,
inteso come patrimonio liturgico, spirituale e disciplinare proprio. Un altro principio
è il seguente: nei luoghi dove non è stata ancora costituita dalla Sede Apostolica
una propria gerarchia per i fedeli orientali, si deve ritenere come Gerarca proprio
(Ordinario) degli stessi fedeli il Gerarca di un'altra Chiesa sui iuris, anche
della Chiesa latina; cioè sono giuridicamente sottomessi alla giurisdizione del Vescovo
del luogo, anche della Chiesa latina (can. 916,§5). In questi casi, diritto e dovere
del Vescovo latino - che ha nella sua diocesi dei fedeli orientali cattolici - è di
salvaguardare e garantire a questi fedeli l'osservanza del proprio rito, cioè la propria
liturgia e disciplina canonica, e provvedere a creare quelle strutture ecclesiali
canoniche previste anche dal Codice latino, come ad esempio l'erezione di parrocchie
personali. Inoltre, è noto che specie in materia di sacramenti di iniziazione cristiana
e di matrimonio, i due Codici stabiliscono norme diverse, codificando rispettivamente
la legittima diversità della tradizione latina e orientale. Ciò implica che il Vescovo
o parroco latini siano sufficientemente a conoscenza di queste legittime differenze
e favoriscano in pratica l'osservanza della tradizione orientale per i fedeli orientali
soggetti alla loro giurisdizione, senza imporre agli orientali - a loro soggetti -
la disciplina e prassi latina, come molto spesso accade in paesi d'occidente per semplice
ignoranza. È urgente, perciò, che nei seminari latini in luoghi dove esistono dei
fedeli orientali, gli alunni siano istruiti anche nel campo della disciplina che vige
per gli orientali. Gli stessi vescovi, gli stessi parroci in queste circoscrizioni
latine sono tenuti a conoscere tale disciplina per garantire il diritto e l'obbligo
dei fedeli orientali, loro sudditi, di osservare il proprio rito, cioè promuovere
la loro identità cattolica ed orientale nella Chiesa universale. Il supremo legislatore
ha dotato la Chiesa cattolica di due normative canoniche, cioè di due Codici, uno
per la Chiesa latina e uno per le Chiese orientali, di cui si è celebrato in questi
giorni il 20° anniversario della promulgazione. L'emigrazione perciò crea nuove urgenti
necessità pastorali che richiedono una, anche se sommaria, conoscenza di questa normativa,
cioè che i vescovi orientali conoscano la legislazione latina, e che i vescovi latini
la legislazione orientale. Il Vaticano II (OE) insegna che, salva restando l'unità
della fede e l'unica divina costituzione della Chiesa universale, le Chiese d'oriente
e le Chiese d'occidente hanno il diritto e il dovere di reggersi secondo le proprie
discipline, più adatte al bene delle anime dei propri fedeli.