2010-10-13 13:01:32

Intervento di Card. Stanisław RYŁKO, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici (CITTÀ DEL VATICANO)


La sfida più grande che la Chiesa oggi deve affrontare è la formazione di un laicato maturo nella fede, consapevole della propria vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo. È necessario formare identità cristiane forti e convinte, risvegliare l'audacia di una presenza visibile ed incisiva dei fedeli laici nella vita pubblica, una presenza che operi secondo i principi della dottrina sociale della Chiesa.
Nell'ambito della formazione del laicato si apre un vasto spazio di azione per le diocesi e le parrocchie, ma anche per le scuole e le università cattoliche, chiamate a ricercare le vie e i metodi educativi sempre più rispondenti alle reali esigenze dei fedeli, seguendo gli insegnamenti della Christifideles laici, magna charta del laicato cattolico. In un mondo segnato da una secolarizzazione dilagante, la fede non può più essere data per scontata, perfino tra i battezzati. Bisogna, dunque, partire dalle fondamenta, cioè, promuovere con urgenza itinerari concreti di una vera e propria iniziazione cristiana post-battesimale, considerando che - come scrive il Papa - “all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Deus caritas est n. 1).
Nella nostra epoca, uno dei grandi segni di speranza per la Chiesa è la “nuova stagione aggregativa dei fedeli” (Christifideles laici n. 29), che, dopo il Concilio Vaticano II, vede la nascita di tanti movimenti ecclesiali e nuove comunità. Un vero dono dello Spirito Santo! Questi nuovi carismi danno origine ad itinerari pedagogici di straordinaria efficacia per la formazione umana e cristiana dei giovani e degli adulti, e sprigionano in loro uno stupefacente slancio missionario di cui la Chiesa oggi ha particolarmente bisogno. Queste nuove comunità non sono, ovviamente, un'alternativa alla parrocchia, ma piuttosto un sostegno prezioso e indispensabile nella sua missione. In spirito di comunione ecclesiale, aiutano e stimolano le comunità cristiane a passare da una logica di mera conservazione ad una logica missionaria. Papa Benedetto XVI, in continuità con il servo di Dio Giovanni Paolo II, non si stanca di sollecitare una sempre maggiore apertura dei Pastori a queste nuove realtà ecclesiali. Nel 2006, il Papa, rivolgendosi ai vescovi in visita ad limina, ha affermato: “Vi chiedo di andare incontro ai movimenti con molto amore. Qua e là devono essere corretti, inseriti nell'insieme della parrocchia o della diocesi. Dobbiamo però rispettare lo specifico carattere dei loro carismi ed essere lieti che nascano forme di fede in cui la parola di Dio diventa vita” (L'Osservatore Romano, 19 novembre 2006).
È, dunque, davvero auspicabile che le Chiese del Medio Oriente si aprano con crescente fiducia a queste nuove realtà aggregative. Non dobbiamo aver paura di quella novità di metodo e di stile di annuncio che portano: è una "provocazione" salutare che aiuta a vincere la routine pastorale che è sempre in agguato e rischia di compromettere la nostra missione (cfr. Instrumentum laboris n. 61). Il futuro della Chiesa in questa regione del mondo dipende proprio dalla nostra capacità di dare un ascolto docile a ciò che lo Spirito dice alla Chiesa oggi, anche mediante queste nuove realtà aggregative.

[00050-01.04] [IN028] [Testo originale: italiano]







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