Il vescovo copto di Tebe-Luqsor: riannunciare il Vangelo anche in Medio Oriente
Uno dei principali scopi del Sinodo è quello di confermare e rafforzare i cristiani
del Medio Oriente nella loro identità affinchè possano offrire una testimonianza di
vita fondata sul Vangelo, autentica, gioiosa e attraente pur in mezzo alle sofferenze
e alle difficoltà. Oggi, è stato riscontrato, lo slancio evangelico è spesso frenato
e la fiamma dello Spirito sembra essersi affievolita. Un’esortazione al rinnovamento
dell’attività missionaria è stata formulata da mons. Joannes Zakaria, vescovo
di Tebe-Luqsor dei Copti nella Repubblica Araba di Egitto. Paolo Ondarza lo
ha intervistato:
R. - I cristiani
non devono essere cristiani soltanto di nome o cristiani per eredità, ma devono essere
cristiani autentici. Nel Medio Oriente, abbiamo un po’ lasciato il mandato di Cristo
di andare in tutto il mondo e annunciare il Vangelo. Anche se noi ci troviamo in un
ambiente che non è di cultura cristiana, è venuto il momento, attraverso la nostra
testimonianza e attraverso il nostro buon esempio, di presentare la persona di Cristo,
la luce di Cristo. Io penso che nella nostra zona molte persone hanno bisogno di vedere
in noi la Parola di Gesù.
D. - Quindi un rinnovamento dello slancio
missionario sui passi dei Santi?
R. - Esattamente perché è dall’Oriente
che è venuta la Parola di Dio e gli uomini dell’Oriente sono stati i primi missionari.
E’ venuto il momento, partendo proprio da questo Sinodo, di rinnovare in noi questo
entusiasmo e non soltanto a livello sacerdotale, ma anche a livello laicale è necessario
riscoprire la propria vocazione missionaria.
D. - La vocazione missionaria
molto spesso presenta rischi, presenta delle difficoltà...
R. - La nostra
fede è la Croce, perché Gesù ha detto: se qualcuno vuole seguirmi, allora rinneghi
se stesso e porti la sua croce ogni giorno, così come Cristo ha fatto. Questo non
è un invito, ma è un dovere. Dobbiamo essere testimoni di Cristo, come gli Apostoli
e come i nostri martiri. Questa testimonianza si fa con la sapienza, con l’amore,
con la carità e non facendo una lotta contro coloro che non sono cristiani. L’annuncio
deve essere fatto attraverso delle buone opere, attraverso l’esempio della nostra
vista: i cristiani non devono essere cristiani soltanto di nome o per eredità, ma
devono essere cristiani autentici.
D. - Questo come viene recepito da
Paesi in cui la maggioranza è musulmana?
R. - La Parola di Dio è come
il seme e noi portiamo la Parola di Dio. Noi vogliamo aiutare la gente a compiere
una scelta, ma dobbiamo lasciare anche il lavoro alla grazia di Dio. Nella mia esperienza,
ho incontrato molte persone che mi hanno chiesto di Cristo: chi è Cristo? Mi hanno
chiesto del Vangelo ed io non posso chiudere la porta a queste persone. Alcune volte
mi sono vergognato della mia fede davanti alla loro fede, specialmente quela dei nuovi
cristiani. Ma questo dà forza, dà gloria a Dio.
D. - Ha parlato di Croce,
di martirio: parole che sono fuori moda, ma che invece hanno una attualità permanente
per il cristiano…
R. - Questa è la storia della Chiesa. La Chiesa ha
duemila anni e i primi tre secoli sono stati così. Tertulliano dice che “il sangue
dei martiri e dei santi è il seme del cristianesimo” e credo che nel nostro mondo
attuale, nel nostro tempo attuale si stia ormai ritornando a questo e in tutto il
mondo. Noi abbiamo bisogno di essere veri testimoni.
D. - In Medio Oriente
non mancano persone che nella pace e nell’amore hanno vissuto l’adesione al Vangelo
fino alla morte…
R. - Si c’è ne sono molti. A Nag Hammadi,
alla vigilia del Natale scorso, sette persone della Chiesa copta, appena finita la
Messa di Mezzanotte hanno avuto la corona del martirio. Ma questo avviene dappertutto:
in Turchia, in Iraq, in Afghanistan, in Pakistan. Ovunque nel mondo… Anche quando
Cristo ci chiede di offrire la nostra vita, dobbiamo essere pronti! Noi siamo stati
creati per questo e non per avere la ricchezza, la felicità o il benessere, ma per
essere testimoni, apostoli di Cristo.