Indonesia: sacerdoti a confronto per una cura pastorale più vicina ai giovani
Porre l’attenzione sull’aumento crescente di alcuni fenomeni: il matrimonio interreligioso,
l’abuso di droga, il sesso prematrimoniale e la tubercolosi. È lo scopo del seminario
sulla cura pastorale della gioventù cattolica, tenutosi dal 4 al 6 ottobre in Indonesia
e organizzato dal vescovo di Bandung, mons. Johannes Pujasumarta. L’iniziativa ha
visto la partecipazione di tutti i sacerdoti della diocesi e si è rivelata uno strumento
efficace per stimolare e incoraggiare i sacerdoti nello sviluppo di un settore – quello
della cura spirituale dei giovani – che la Chiesa avrebbe trascurato. Mons. Pujasumarta
ha dichiarato ad AsiaNews: “I giovani si aspettano di vedere i lati più personali
dei sacerdoti: devono mostrarsi degni di fiducia, amichevoli, umili, ed essere in
grado di riconoscere i propri difetti. Queste cose – continua – sono fondamentali.
Il sacerdote deve essere una guida per i giovani, coinvolgerli nelle attività della
chiesa, e dedicare tempo e attenzioni ai singoli”. Il vescovo ha poi condiviso la
sua esperienza personale di educatore con i seminaristi dal 1970 al 1983, e dal 1990
al 1998. “Quando sono diventato maestro dei novizi nella diocesi di Semarang – ha
raccontato – ho sentito l’urgenza di condividere la mia missione per formare questi
giovani al sacerdozio, e insegnare loro a impegnarsi per i poveri e gli emarginati.
I giovani cattolici devono esser incoraggiati a praticare l’amore di Cristo dedicandosi
agli altri”. Durante l’incontro, il vescovo ha poi ricordato a tutti i partecipanti
che oggi nessuna parrocchia può dirsi “unitaria”: “Migliaia di giovani migranti cattolici,
provenienti da tutto il Paese, sono venuti nella nostra diocesi e fanno ora parte
della nostra comunità. Cattolici da Java, Sumatra del nord, Borneo, Flores, Papua
sono giunti qui a Bandung e hanno bisogno del nostro tocco pastorale”. Mons. Pujasumarta,
a conclusione del seminario, ha auspicato una Chiesa “più aperta verso l’esterno,
piuttosto che ripiegarsi su se stessa nella realizzazione dell’amore di Cristo tra
gli uomini, tenendo conto delle differenze di religione, della cultura e della povertà”.
(M.G.)