Papua Nuova Guinea: la Chiesa per l’emancipazione della donna
L’auspicio è che “le donne papuane lottino e acquisiscano le libertà, il riconoscimento
dell’uguaglianza, della dignità e della corresponsabilità nella Chiesa, nella società
e nella politica”. E’ quanto è emerso dall’ultimo Congresso delle donne cattoliche
tenutosi recentemente ad Aitape, in Papua Nuova Guinea, seconda una nota di Fides.
Sotto la guida dei rappresentanti della Chiesa locale, fra cui mons. Otto Separy,
vescovo di Aitape, un centinaio di rappresentanti dei movimenti e delle realtà femminili
cattoliche, provenienti da cinque diocesi della nazione, hanno dato vita ad una intensa
settimana di riflessione, confronto e dibattito per ribadire il valore della vita,
dell’uguaglianza e della libertà per le donne in Papua Nuova Guinea, e per sottolinearne
il ruolo nella famiglia, nel matrimonio e nella nuova evangelizzazione, in sintonia
con l’Esortazione Apostolica post-sinodale di Giovanni Paolo II “La Chiesa in Oceania”.
Ai presenti mons. Separy ha ribadito la necessità di abolire il “commercio delle mogli”
- che nel Paese vengono vendute dai genitori ai futuri mariti per poche migliaia di
Euro - e di contrastare il progetto di legge che intende approvare e diffondere nella
nazione le “case di prostituzione”. Il presule ha poi espresso il proprio dissenso
verso la pratica della poligamia, diffusa nel Paese, la quale – ha spiegato - “non
fa parte della nostra cultura papuana, è stata introdotta da stranieri asiatici. E’
contro la Bibbia e contro il diritto di uguaglianza. Con la poligamia il maschio legalizza
la sua infedeltà alla propria moglie”. Sul tema della contraccezione il vescovo di
Aitape ha quindi sottolineato che “Contraccezione, condom, aborto: sono tutte manifestazioni
del rendere la donna oggetto e manipolazione del maschio, senza che questi abbia coscienza
della dignità della donna e rispetto per essa e per la sua natura e ruolo di sposa
e madre”. Il vescovo ha esortato quindi a “diffondere la conoscenza e la pratica dei
metodi naturali e l’idea della paternità e maternità responsabile”, come pure a sradicare
il generale atteggiamento di sottomissione e di accettazione della realtà esistente,
da parte delle donne papuane. (C.D.L.)