L'associazione Meter contro gli abusi su minori apre una sede a Roma: intervista con
don Di Noto
Educare alla responsabilità e prevenire con responsabilità ogni forma di abuso. È
l’obiettivo del settimo corso di formazione Meter, sui diritti e sulla tutela dell’infanzia
e dell’adolescenza, tenutosi oggi presso la Parrocchia di San Romano Martire, a Roma,
in vista dell’istituzione della nuova sede dell’associazione nella capitale. Una possibilità
in più per stare accanto alle piccole vittime e alle loro famiglie, sottolinea don
Fortunato Di Noto, fondatore di Meter, da sempre in prima linea nella lotta agli
abusi, che ha parlato di questo corso di formazione al microfono di Linda Giannattasio:
R. -
L’intenzione è quella di formare i nostri volontari - che sono romani, ma provengono
anche da altre città italiane - per la sede romana, per essere così un punto di riferimento
ecclesiale, ma anche sociale e civile per le esigenze e i bisogni dei bambini deprivati
e quindi, di conseguenza, anche abusati. Mons. Mariano Crociata ci ha inviato una
Lettera della Conferenza episcopale italiana, in cui ci incoraggia e riconosce nell’Associazione
Meter una funzione educativa e soprattutto di contrasto coraggioso a queste forme
definite - anche dal cardinale Bagnasco - “inqualificabili crimini”. Abbiamo fatto
un incontro generale di lettura educativa, antropologica e sociologica sul fenomeno,
partendo anche dai documenti della Chiesa che si è attivata egregiamente per contrastare
questo fenomeno tra il clero. Ci sarà poi l’aspetto legale e giuridico, ma anche l’aspetto
psicologico, che ci permetterà di affrontare i casi di emergenza. Ovviamente, per
noi, Roma diventa una cosa importante: stiamo cercando una sede fisica, perché abbiamo
già decine di volontari e credo che possa dare anche una grande risposta di speranza
e di fiducia nei confronti delle famiglie, nei confronti delle vittime.
D.
- Quali sono gli obiettivi principali di questo progetto?
R. - Educare
non solo alla responsabilità, ma anche prevenire con responsabilità gli abusi. E’
necessaria questa formazione, perché ci permette di aiutare a togliere i veli che
non permettono di guardare la situazione dell’infanzia oggi, che a volte è in famiglia,
che a volte è anche nelle realtà educative. Avere uomini e donne capaci di poter agire
con determinazione, creando anche una profonda rete di aiuto e di sostegno appoggiata
e sostenuta anche da molti vescovi, ci permette di far rientrare in una cosiddetta
pastorale ordinaria della Chiesa l’attenzione - che già c’è - per i bambini, soprattutto
in uno specifico settore che è quello dell’abuso e non soltanto sessuale, ma proveniente
anche da altre situazioni di grande povertà. La Chiesa nella sua pastorale ordinaria
è dalla parte dei bambini, è dalla parte delle famiglie ed è contro gli abusi.
D.
- Lei ha parlato della necessità di una pastorale di prossimità al dolore delle vittime
di abusi…
R. - Stare accanto alle vittime è fondamentale. Noi non possiamo
stare a guardare, ma anzi il guardare ci permette di operare così come diceva Benedetto
XVI: l’operatività non è un’operatività sensazionalista né tantomeno scandalistica,
ma un’operatività corretta, silenziosa, puntuale, professionale, educativa e - perché
no? - soprattutto evangelica.