Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa 28.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il passo del
Vangelo in cui Gesù guarisce dieci lebbrosi. Ma solo uno di essi, un samaritano, lo
ringrazierà. Il Signore dice:
“Non si è trovato nessuno che tornasse indietro
a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e
va’; la tua fede ti ha salvato!»”.
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo
il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale
alla Pontificia Università Gregoriana:
“Gesù pone
un legame evidente fra salute e salvezza, in risposta al lebbroso samaritano che è
tornato a ringraziarlo. E molti dei cristiani di oggi potrebbero pensare che dove
c’è salute, c’è anche benedizione di Dio e dove non c’è salute Dio si è allontanato.
Ma non è proprio così. La salute non è affatto tutto, come invece si dice: perché
come persone umane non possiamo sempre stare in salute. E anche la malattia può essere
scuola di umanità e di maturità, se è vissuta come esperienza naturale della nostra
fragilità costitutiva. La pienezza di vita promessa e donata da Cristo riguarda l’uomo
globale e non solo il benessere psicofisico. E anche la salute del corpo non è fine
a se stessa, ma richiama la sorgente di ogni vita e di ogni benessere: per amare e
servire Colui che ci ha dato la vita e per la nostra salute eterna si è fatto fragile
ed è morto in croce. Per questo dobbiamo ringraziare. Il ringraziamento forse scarseggia
oggi nello stile sociale: perché ognuno pensa a se stesso e pretende molto come suo
diritto. Avessimo un cuore meno egoista e più grato, sarebbe meno acido il convivere.
E si capirebbe anche meglio come il ringraziare faccia parte essenziale della fede
cristiana.