Sì del Consiglio d’Europa all’obiezione di coscienza. Il prof. Cardia: diritto
riconosciuto da tutti
“L’obiezione di coscienza resta un diritto di libertà”: è l’importante risultato ottenuto
ieri al Consiglio d’Europa, dove l’assemblea parlamentare ha capovolto una risoluzione
che voleva limitarne l’esercizio. Una disposizione che, se approvata, avrebbe indotto
tutti i 47 Paesi aderenti all’organizzazione a limitare la libertà dei medici e del
personale sanitario che si oppongono all’aborto e all’eutanasia. Su questo voto al
Consiglio d’Europa, Alessandro Gisotti ha intervistato il giurista cattolico
Carlo Cardia, docente di diritto ecclesiastico all’Università Roma Tre:
R. – L’aspetto
positivo è innanzitutto nelle parole, perché il documento dell’assemblea parlamentare
del Consiglio d’Europa parla proprio dell’obiezione di coscienza come di “diritto
fondamentale di libertà”. Ma poi, c’è un altro aspetto che vorrei richiamare, perché
il documento ricorda la Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, cioè ricorda
altre Carte internazionali dei diritti dell’uomo, dove c’è l’obiezione di coscienza.
Questa è una cosa che normalmente viene dimenticata, perché queste Carte internazionali
dei diritti umani subiscono, a volte, una erosione. Si dimentica qualche parte o,
addirittura – come in questo caso – c’è un tentativo anche di stravolgimento. Quindi
credo che l’importanza sia nell’aver rimesso a posto un po’ tutti gli elementi di
questo problema.
D. – Va detto che la risoluzione in favore dell’obiezione
di coscienza è passata con 56 voti a favore e 51 contrari, segno che la corrente laicista,
libertaria è molto presente, molto forte …
R. – Come ho commentato positivamente
il risultato, che non va sottovalutato, io voglio dire che – per essere sincero –
il solo fatto che si sia dovuto discutere per affermare un principio così semplice,
elementare, ci dice come noi siamo in una fase estremamente preoccupante, in Europa.
Non solo per quei pochi voti di scarto, ma perché in diverse occasioni noi registriamo
questa presenza laicista – io preferirei chiamarla “anti-umanistica” – che non perde
occasione per limitare proprio questi valori fondamentali. Quindi, la preoccupazione
resta. Resta ed è molto grande!
D. – L’obiezione di coscienza poi, in
definitiva, non è una questione cattolica, anzi. Non dovrebbe, piuttosto, essere considerata
proprio un baluardo della democrazia, se vogliamo anche la garanzia di una laicità
positiva?
R. – Sì, non c’è dubbio, perché l’obiezione di coscienza nasce
insieme all’affermazione dei primi diritti individuali nelle democrazie degli ultimi
due secoli dell’Occidente. Quindi, è qualcosa che è incarnato con il concetto democratico
dello Stato. Da questo punto di vista, possiamo parlare anche di un rapporto con la
laicità dello Stato, ma sempre tenendo presente che si tratta di valori accettati
da tutti.
D. – Nel suo storico viaggio nel Regno Unito, Benedetto XVI
ha sottolineato che un sistema democratico non può oscurare la fede, non può spingerla
verso la sfera meramente privata …
R. – Questa è una sfida epocale!
La richiesta del Pontefice di riconoscere la dimensione pubblica, oggi assume un significato
più vasto: riconoscere la dimensione religiosa come una delle componenti essenziali,
insieme ad altre, dell’espressione della libertà personale, della libertà collettiva.