La tragedia di Avetrana: intervista con Tonino Cantelmi
Saranno celebrati alle 15.30 di domani nello stadio comunale di Avetrana, da don Dario
Di Stefano, parroco della Chiesa di S. Giovanni Battista, i funerali della giovane
Sarah Scazzi, la 15.enne assassinata da suo zio, Michele Misseri, il 26 agosto scorso.
La vicenda solleva non pochi interrogativi sull’ennesimo caso di violenza in ambito
familiare, dove le vittime – spesso donne o giovani – sono le più indifese di fronte
alla brutalità maschile. Alessandro De Carolis ha chiesto il parere dello psicologo
Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri
cattolici:
R. – I legami
familiari ancora costituiscono la rete principale relazionale ed identitaria delle
persone. Tuttavia, succede che in una società così veloce, così "liquida", superficiale
l’aggressività e la violenza vengono scatenate proprio all’interno di quei rapporti
che dovrebbero invece garantire stabilità, sicurezza, protezione e difesa. E questo
avviene in modo frequente: assistiamo, cioè, a un incremento di alcune forme di delitti
intrafamiliari. Però, c’è da dire che questo è sempre legato ad una sorta di isolamento:
è come se i drammi che alcune famiglie vivono rimangano dentro queste famiglie, non
riescano a essere intercettati da nessuna agenzia. E questo rispecchia piuttosto il
meccanismo con il quale stiamo costruendo la società di oggi, cioè questa spiccata
forma di individualismo che impedisce di riconoscere i bisogni altrui, di intervenire
e di essere solidali, soprattutto.
D. – Secondo lei, quanto influisce
sull’immaginario collettivo l’enfasi quasi in 3D che oggi si tende a dare a drammi
che sono essenzialmente privati?
R. – Questo attiene alla spettacolarizzazione
di tutte le emozioni. Questa società sembra essere particolarmente affascinata dalla
possibilità di superficializzare tutto, spettacolarizzare tutto e in qualche modo
certificare la realtà delle cose attraverso la virtualità o attraverso i media. Quindi,
in qualche modo stiamo assistendo ad una forma di narcisismo televisivo-digitale che
significa, appunto, esasperare ogni emozione, spettacolarizzarla e darla in pasto
al vorace bisogno e desiderio delle persone di sapere le cose più intime degli altri.