Guerra delle valute: euro stretto tra dollaro e yuan
L’Unione Europea si unisce al coro di denuncia verso la svalutazione forzata della
valuta cinese, lo Yuan, chiedendo alla Cina azioni concrete tese a ripristinare un
equilibrio nel mercato dei cambi. Il premier cinese aveva, infatti, promesso di rivalutare
la moneta e, questa mattina, un’azione correttiva ha portato il corso dello Yuan ai
massimi storici. Anche alla luce del pacchetto protezionista varato da Washington
la scorsa settimana, ora l’Euro rischia di perdere competitività rispetto alle monete
dei due giganti mondiali. Per un’analisi su questa guerra delle valute, Marco Onali
ha intervistato il professor Giacomo Vaciago, ordinario di politica economica e direttore
dell’Istituto di Economia e Finanza dell’Università Cattolica di Milano:
R. - Il problema
è allo stesso tempo semplice ma, di fatto, complicato. Semplice perché se un Paese
come gli Stati Uniti importa molto dalla Cina, vuol dire che i consumatori americani
preferiscono prodotti cinesi a prodotti americani e quindi, per definizione, c’è disoccupazione
in America ed uno squilibrio dei conti con la Cina. Possibile rimedio: rivalutare
la moneta cinese. A questo punto i prodotti cinesi rincareranno negli Stati Uniti
e gli americani preferiranno comprare prodotti fatti in casa. Ma è complicato perché
la produzione cinese è fatta da società americane e quindi è chiaro che ci sono interessi
americani in contrasto. Gli americani che hanno spostato le loro fabbriche in Cina
guadagnano da quella produzione e, chiaramente, preferirebbero che la struttura rimanesse
quella attuale.
D. - Un commento alle dichiarazioni del direttore generale
del Fondo Monetario Internazionale e del capo della Banca europea, Trichet, che definiscono
la svalutazione dello Yuan una “fonte di tensione mondiale”…
R. - Perché,
appunto, il cambio debole che la Cina ha corretto nel mondo serve ad accumulare risparmi
e risorse in Cina che poi la stessa Cina usa per fare acquisti e comprare proprietà
in giro per il mondo. Questo aggrava anche gli squilibri futuri.
D.
- Secondo lei le misure prese la scorsa settimana dal Congresso americano - misure
protezionistiche - sono valide o meno?
R. - Sappiamo che il protezionismo
ha dei costi in termini di inefficienza, proprio perché introduce un divario non di
mercato - i dati sono politici, non sono prezzi decisi liberamente dai consumatori
- e segnala sempre una caduta di efficienza.
D. - Cosa può fare l’Organizzazione
mondiale per il commercio?
R. - Esercitare “moral suasion”, cioè pressioni
sulla parte - in questo caso il Congresso americano - che ha preso queste iniziative.
È chiaro che siamo in un caso di guerra commerciale e tutti ci perdono.