Legge 40 sulla fecondazione assistita: il commento del prof. D'Agostino
“In Italia c’è un movimento libertario che vuole limitare in tutti i modi l’operatività
della legge 40”. Così, il prof. Francesco D’Agostino, ordinario di Filosofia
del Diritto a Tor Vergata, presidente dei giuristi cattolici e presidente onorario,
del Comitato nazionale di bioetica, commentando la decisione della prima sezione del
Tribunale civile di Firenze di sollevare il dubbio di costituzionalità sulla norma,
della legge sulla fecondazione artificiale, che vieta alle coppie sterili di accedere
alla fecondazione eterologa. Dal canto suo, il ministro della Salute, Ferruccio Fazio,
ha affermato che sulla procreazione "c'è una legge e va rispettata''. Sulla questione,
Massimiliano Menichetti ha intervistato il prof. D’Agostino.
R. – Evidentemente
il giudice di Firenze non ha preso sul serio l’art. 1 della legge, che dichiara esplicitamente
di voler tutelare gli interessi di tutte le parti coinvolte, ivi compreso il nascituro.
Non c’è alcun dubbio che il divieto dell’eterologa è un modo per garantire il nascituro:
impedire il sorgere di quelle situazioni obiettivamente traumatiche che conseguono
alla fecondazione eterologa, in cui si raddoppia la figura del padre o addirittura
in cui si triplica la figura della madre. Quindi, è perfettamente coerente con il
principio di parità di trattamento ed eguaglianza della nostra Costituzione, fatto
proprio dalla legge 40, e speriamo che la Corte ne prenda atto e agisca di conseguenza.
D.
– Ciò che viene posto all’attenzione della Suprema Corte è anche l’obbligo di recepire
il diritto comunitario. In particolare si fa riferimento ad una sentenza emessa dalla
Corte di Strasburgo, che ha condannato l’Austria a risarcire il danno ad una coppia
e ad eliminare il divieto di fecondazione eterologa contenuto in una legge analoga
a quella italiana. Il diritto comunitario, dunque, può incidere in modo così forte
su una legge italiana su questioni di bioetica?
R. – L’opinione prevalente
è che le questioni bioetiche possano essere regolate esclusivamente dal diritto interno
di ogni Paese e che non si possa sovrapporre al diritto interno qualunque indicazione
di tipo comunitario. Speriamo che questo nodo venga risolto, perché è vero quanto
lei ha detto riguardo alla legislazione austriaca e ritengo che il dettato della Corte
europea sia stato assolutamente inopportuno e giuridicamente sbagliato.
D.
– La legge 40 ha messo un punto a quello che veniva definito il "far west procreativo".
Ed ha subito innescato delle dure reazioni. Nel 2009 un altro intervento della Corte
costituzionale ha modificato tra l’altro la modalità di impianto degli embrioni. Secondo
lei, stiamo assistendo ad una serie di attacchi che tendono a destrutturare la portata
stessa della normativa?
R. – La legge 40 è una legge dal contenuto eticamente
forte, non possiamo nasconderlo, e che va in controtendenza rispetto ad alcune indicazioni
libertarie che nel nostro Paese sono molto vivaci. Dire che abbiamo un movimento libertario
che vorrebbe cancellare tutti i limiti della legge 40 non significa dire che questo
movimento libertario trovi consenso nel nostro Paese. Tant’è vero che il referendum
contro la legge 40 è naufragato vistosamente, dando quindi un segnale molto preciso,
facendoci capire che l’opinione pubblica era fondamentalmente dalla parte della legge
40. Però, è vero, abbiamo un movimento libertario che ritiene repressiva la legge
40 e che cerca in tutti i modi di limitarne l’operatività. Chi crede nella democrazia
dovrebbe credere che le leggi si riformano in Parlamento, in primo luogo, e non attraverso
vie oblique. In questo caso mi auguro proprio che la Corte costituzionale riconosca,
come ha fatto altre volte, che su questioni etiche fondamentali la sovranità spetta
al Parlamento, perché la Costituzione non ci dà nessuna indicazione né in un senso
né nell’altro per quello che riguarda una pratica come quella della fecondazione assistita,
che quando fu scritta la Costituzione non era nella mente di nessuno.