Il Papa all'ambasciatore del Cile: preghiere e solidarietà alle vittime del sisma
e ai 33 minatori di Atacama
Quando la Chiesa difende i valori della vita dalla sua nascita alla sua fine naturale,
o della famiglia fondata sul matrimonio, non lo fa per suoi interessi o principi religiosi
ma sulla base di valori in coscienza condivisibili da tutti. E’ una delle affermazioni
di Benedetto XVI nel discorso al nuovo ambasciatore del Cile presso la Santa Sede,
Fernando Zegers Santa Cruz, ricevuto questa mattina in udienza per la presentazione
delle Lettere credenziali. Ma le prime parole del Papa sono state all’insegna della
solidarietà per i cileni, segnati di recente da due drammatiche vicende interne. Il
servizio di Alessandro De Carolis:
Il terremoto
di gennaio – tre minuti devastanti quasi al nono grado della Scala Richter, con oltre
450 morti e decine di migliaia di edifici distrutti – e la vicenda dei 33 minatori
intrappolati da due mesi in una prigione di roccia a 700 metri sotto terra, per i
quali proprio in queste ore si profila un’insperata, nei tempi, quanto attesa liberazione,
grazie al tunnel scavato dai soccorritori e giunto ormai a soli 100 metri da loro.
Benedetto XVI ha citato subito questi due eventi che hanno scosso quest’anno il Cile,
un Paese che, “pur geograficamente lontano da qui – ha detto – porto nel profondo
del mio cuore”:
“Desde el primer momento… Fin dall'inizio,
ho voluto esprimere la mia vicinanza al popolo del Cile e, attraverso la visita del
mio segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, ho inviato il mio conforto
e speranza alle vittime, alle loro famiglie e ai molti che sono stati colpiti e che
tengo presenti nelle mie preghiere. Né dimentico i minatori della regione di Atacama
e dei loro cari, per il quali prego con fervore”.
L’“unità” e la
“risposta generosa e solidale” mostrate dal Cile in questa circostanza sono state
molto apprezzate da Benedetto XVI. Il quale ha poi spostato il discorso sulle feste
che la nazione latinoamericana celebra nel bicentenario dell’indipendenza.
Questo, ha osservato il Papa, “mi offre l'occasione di sottolineare ancora una volta
il ruolo svolto dalla Chiesa” tanto nella storia cilena, quanto nel “consolidamento
dell’identità nazionale, profondamente influenzata dal sentimento cattolico”. E nell’ottica
di una presenza ecclesiale attiva all’interno del Paese, Benedetto XVI ha citato anche
il venticinquennale, festeggiato lo scorso anno, del Trattato di pace e di amicizia
che, grazie alla mediazione di Giovanni Paolo II, risolse 30 anni fa una controversia
territoriale tra Cile e Argentina, giunti a un passo dalla guerra:
“Este
Acuerdo histórico quedará… Questo storico accordo sarà per le generazioni
future come un fulgido esempio del bene immenso che porta la pace e dell'importanza
di preservare e promuovere quei valori morali e religiosi che costituiscono il tessuto
più intimo dell'anima di un popolo”.
“Non si può pretendere di spiegare
il trionfo della volontà di pace, armonia e comprensione se non si tiene conto – ha
ribadito il Pontefice – di quanto profondamente radicato sia il seme del Vangelo nel
cuore dei cileni”. E proprio nelle attuali circostanze, “in cui si deve far fronte
alle molte sfide che minacciano l'identità culturale”, diventa importante – ha affermato
– “incoraggiare soprattutto tra i giovani un sano orgoglio come pure la riscoperta
e la rinascita della propria fede, la propria storia, la propria cultura, le proprie
tradizioni, le ricchezze artistiche, e di ciò che costituisce il migliore e più ricco
patrimonio spirituale e umano del Cile”:
“Cuando la Iglesia alza
su voz frente… Quando la Chiesa alza la voce di fronte alle grandi
sfide e ai problemi come le guerre, la fame, l’estrema povertà di molti, la difesa
della vita umana dal concepimento alla morte naturale, o la promozione della famiglia
fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, che è la prima responsabile dell'educazione
dei figli, non lo fa per un interesse particolare o sulla base di principi che possono
percepire soltanto coloro che professano una fede religiosa. Lo fa – rispettando le
regole della convivenza democratica – nell'interesse della società e in nome di valori
che ognuno può condividere con la sua retta ragione”.