2010-10-05 16:42:16

Cina-Giappone: segnali di distensione


I leader di Giappone e Cina tornano a parlarsi direttamente, dopo la crisi di inizio settembre innescata dalla collisione tra un peschereccio di Pechino e due motovedette giapponesi al largo delle Senkaku, Isole in pieno Mar Cinese orientale controllate da Tokyo, ma rivendicate da Cina e Taiwan. Il contenzioso sul tratto di mare aveva portato all’arresto del capitano del peschereccio cinese, liberato dopo 16 giorni. Ieri a Bruxelles, i premier dei due Paesi, Naoto Kan e Wen Jiabao, si sono incontrati a margine del vertice Asia-Europa, concordando sulla ''necessità di rafforzare le relazioni bilaterali'' e riavviare colloqui ai livelli più alti. Si può dunque dire che la crisi tra Cina e Giappone stia rientrando? Giada Aquilino lo ha chiesto a Francesco Sisci, editorialista del quotidiano La Stampa da Pechino:RealAudioMP3

R. – C’è un forte interesse di entrambi perché la crisi rientri. Soltanto questa volontà è già sufficiente da una parte per dire che la crisi sta rientrando, dall’altra, però, ci sono problemi oggettivi che sono alla base di questa impasse. Uno è quello territoriale, che riguarda le Isole Senkaku, e l’altro è legato alla relativa crescita della Cina e alla decrescita del Giappone, col conseguente cambiamento degli equilibri strategici all’interno dell’asse fra le due Nazioni.

D. – Perché le Isole Senkaku sono al centro di un così lungo contenzioso?

R. – Intorno alle Isole Senkaku c’è un grande giacimento di gas e petrolio, la cui definizione territoriale non è assolutamente chiara. Prima, i due Paesi non erano interessati a questi che sono poco più che scogli, visto che non avevano grande importanza strategica. Dopo la scoperta del gas e del petrolio, invece, è cambiato tutto.

D. – I due Paesi erano arrivati a ritorsioni politiche e commerciali. Anche in vista del prossimo vertice dell’Apec in novembre, che si terrà in Giappone, cosa c’è da aspettarsi?

R. – Credo che entrambi i Paesi, adesso, siano interessati a rallentare la tensione. Non c’è alcun vantaggio vero a continuare la crisi se non quello di alimentare le rispettive aree nazionaliste ed antigovernative, sia in Giappone sia in Cina. Tutti e due i governi hanno quindi un forte interesse a raffreddare il clima. Certo, però, che i problemi sottostanti rimangono e dovranno essere in qualche modo risolti.

Intanto, nonostante le pressioni di Usa e Ue al Forum di dialogo tra Unione europea e Asia (Asem), in corso a Bruxelles, la Cina non rivaluterà la propria moneta nazionale, lo yuan, e manterrà tassi di cambio “relativamente stabili”, come annunciato dal premier cinese, Wen Jiabao. Stati Uniti ed Europa accusano la Cina di tenere artificialmente basso il valore della moneta nazionale per favorire le proprie esportazioni ai danni delle altre. Le tensioni sulla moneta cinese sono peggiorate, dopo che la settimana scorsa in Usa è stata presentata una proposta di legge che permette all’amministrazione americana di imporre sanzioni commerciali alla Cina per lo yuan sottovalutato.







All the contents on this site are copyrighted ©.