“Un’assegnazione che disattende tutte le problematiche di ordine etico e che rimarca
che l’uomo può essere ridotto da soggetto ad oggetto”. Così il presidente dell’Associazione
Scienza e Vita, Lucio Romano, ha commentato l’assegnazione oggi del Nobel per la medicina
all’inglese Robert Edwards ''per lo sviluppo della fecondazione artificiale''. Il
prof. Romano sottolinea anche l’inaccettabilità delle tecniche di fecondazione in
vitro, che comportano la “selezione e soppressione di esseri umani allo stato biologico
di embrioni”. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato.
R.
- Teniamo conto che Edwards segna la storia, perché pratica il passaggio delle tecniche
dal mondo degli animali - vale a dire dove, nell’applicazione degli allevamenti, venivano
già da tempo messe in essere tecniche di fecondazione artificiale - all’ambito umano.
Ma questo non significa assolutamente che ciò, nel suo complesso, rappresenti un progresso
dell’uomo nella sua visione globale. E’ un Premio Nobel che deve essere assolutamente
preso in considerazione in ragione di un’analisi anche di ordine etico, che a me sembra,
attraverso un’assegnazione così decisa del premio stesso, venga a disattendere tutte
le problematiche di ordine etico ad esse connesse.
D.
- Quando si parla di fecondazione "in vitro" non si può non parlare del destino degli
embrioni. Che cosa gli accade?
R. - Sia per quanto riguarda
la selezione, il congelamento e lo scongelamento, evidentemente vanno incontro a morte.
Stiamo parlando di vite umane, di esseri umani allo stato biologico di embrione che
vengono soppressi per una procedura che è sicuramente selettiva. In altre nazioni,
viene preso in notevole considerazione il ricorso anche alla cosiddetta diagnosi genetica
preimpianto, con ulteriore selezione degli embrioni, secondo caratteristiche preordinate,
non soltanto di ordine biologico, ma anche di ordine sociale e culturale.
D.
- Un Premio Nobel di questo tipo sembra andare sempre di più verso una deriva, dove
l’uomo è un oggetto e non è più un essere umano...
R.
- Sì, di un uomo che diventa non più un essere umano frutto di una procreazione, ma
viene edificato come “prodotto del concepimento”: e sappiamo benissimo come questo
tipo di termine, “prodotto del concepimento”, ufficializzi - così come viene usato
nella prevalenza dei casi, in ambito ginecologico, in ambito biomedico - quella del
riduzionismo antropologico di nuovo da soggetto a oggetto.
D.
- Questo, ad esempio, come ricade su problematiche come aborto ed eutanasia?
R.
- Quando si considera la vita di un essere umano non più come vita appartenente ad
un soggetto, ma come vita della quale si può disporre, è evidente che si aprono tutti
gli altri campi che non riconoscono la dignità della vita, della quale invece si può
disporre in qualsiasi momento.
D. - Edwards ha avuto
il Nobel; non l’ha ottenuto Yamanaka sulle cellule staminali adulte, una ricerca che
invece va verso la vita..
R. - La ricerca di Yamanaka
risponde a criteri di scientificità e di rigore etico, ma il segnale che ci perviene
attraverso l’assegnazione del Premio Nobel indica una sorta di accettazione di tecniche
che noi sappiamo essere caratterizzate e gravate da una molteplicità di problemi di
ordine etico che possiamo definire insormontabile.