2010-10-04 15:28:46

A Barcellona, l'incontro "Uomini e religioni" della Comunità di Sant'Egidio: solo il dialogo schiude ai popoli le porte della pace


Medio Oriente, Africa, Europa. I tre punti fondamentali sui quali ruota l’edizione 2010 dell’incontro internazionale per la pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio e in corso a Barcellona. Nel messaggio di apertura, il fondatore di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, ha ribadito come quel dialogo, apparso come una pericolosa ingenuità dopo gli attentati del 2001, oggi si dimostra necessario per un mondo che altrimenti sarebbe peggiore. Da Barcellona, Francesca Sabatinelli.RealAudioMP3

Nel 1989, con la fine della Guerra fredda, la pace sembrò a portata di mano. L’11 settembre di 12 anni dopo “rivelò l’abisso di violenza su cui scorreva la storia”. Il mondo del nuovo millennio “si scopriva frammentato in tante identità, si volevano arruolare le religioni sotto le bandiere del conflitto”. La comunità di Sant’Egidio si stringe attorno alle parole del suo fondatore Andrea Riccardi, in apertura di questo appuntamento di preghiera e dialogo organizzato dalla Comunità che 24 anni fa ha scelto di prendere il testimone lasciato da Giovanni Paolo II con l’incontro ad Assisi di tutte le religioni mondiali. La domanda posta da Riccardi ai presenti, rappresentanti della Chiese cristiane e delle grandi religioni, esponenti del mondo della cultura e della politica internazionale, ha sempre accompagnato gli appuntamenti di Sant’Egidio: dove porta la cultura della guerra? “Fallita, anche quando voleva portare la pace”, è la risposta. In questi anni si è seminato odio, fanatismo, “molte vite sono state sprecate, non si è lottato contro le grandi povertà”. Si praticano ancora violenza e terrorismo.

Di qui, l’appello a tutti, soprattutto agli uomini di religione, a non cedere alla “rassegnazione che significa ripiegamento sul proprio interesse individuale, di gruppo”. Occorre ricostruire la famiglia di civiltà e religioni diverse, affermare la dignità delle differenze che non si devono mai drammatizzare, perché può divenire un “gioco pericoloso per il clima dei Paesi, anche se elettoralmente può sembrare redditizio”. Ecco che quindi, insiste Riccardi, i rom non sono “una minaccia, ma un problema da affrontare con pazienza e impegno”, e “l’integrazione degli immigrati è un compito epocale da svolgere con intelligenza”. Bisogna avere il coraggio di forzare un tempo nuovo, è la conclusione, capace di fondare in senso spirituale una stagione di pace: e questo perché ''con la forza debole della fede si può costruire con coraggio un mondo che sia famiglia di popoli”.

L’appuntamento con Sant’Egidio ieri si era aperto negli stretti vicoli di Barcellona, con una Santa Messa celebrata nella basilica di Santa Maria del Mar, dal'arcivescovo della Città, il cardinale Lluís Martínez Sistach. Accanto a lui, sull’altare, il metropolita ortodosso russo Filaret, esarca di Bielorussia. Per loro, così come si legge nel messaggio del Papa, il dialogo e la fede sono la risposta alle difficoltà di un mondo contemporaneo in cui prevalgono conflitto e scetticismo. Francesca Sabatinelli ne parla nell'intervista al cardinale Sistach.RealAudioMP3

R. - Il dialogo è l’unica strada per arrivare all’autentica pace, a un buon rapporto tra i popoli e tutte le persone. C’è la tentazione di lasciare o dimenticare il dialogo; pare che non sia efficiente, efficace, ma è l’unica strada, perché le altre strade non portano alla pace, portano soltanto all’interesse dei gruppi, delle parti. Credo che dobbiamo lavorare molto in questo senso e la Comunità di Sant’Egidio lo sta facendo con lo spirito di Assisi, lo stesso con il quale Giovanni Paolo II nel 1986 ha convocato tutti i leader delle religioni più importanti del mondo. Credo che dobbiamo seguire questa strada, perché penso che nella Chiesa e nel mondo siano molte di più le cose che non si vedono che quelle che si vedono: ci sono tante cose buone che non si vedono. Penso che questi 25 incontri abbiano dato molti frutti: alcuni, molti, li vediamo, ma ce ne sono anche molti che non vediamo ma che ci sono.

D. - Questo appuntamento qui a Barcellona, eminenza, è molto importante anche per il dialogo ecumenico, come tutti gli appuntamenti di Sant’Egidio. Sull’altare con lei c'era un esponente del Patriarcato di Mosca…

R. - E’ stato un momento molto commovente, certamente. Abbiamo condiviso l'omelia e poi ci siamo dati un abbraccio: l’abbraccio del cuore, l’abbraccio dell’amore, l’abbraccio della fraternità. Arriveremo un giorno anche all’abbraccio per l’Eucaristia, della piena comunione, siamo sulla buona strada. C’è in tutta l’Europa una grande e grave crisi di speranza ed di questa risente maggiormente la gioventù. Credo che il cristianesimo e tutte le altre religioni debbano alimentare la speranza. Però, è anche necessario che ci sia un posto, un luogo per le religioni in ambito pubblico perché oggi un certo laicismo culturale non lascia posto alle religioni, e una società democratica ha bisogno anche delle religioni.

L’appello del Papa ai giovani a non cedere alle suggestioni della mafia ha avuto vasta eco anche a Barcellona, al Meeting organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Presente all'appuntamento nella città catalana anche l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, il cui impegno pastorale ha contemplato da sempre il contrasto alla criminalità organizzata. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. - Sappiamo come tutte le forme mafiose - camorra, ecc. - cerchino in qualche maniera non solo di sostituirsi a quella che è la legalità di una società, di una comunità che vuole crescere, ma di dare anche l’insegnamento opposto, contrario a quello che è il Vangelo. Tra poco, pubblicheremo la guida per la disciplina dei Sacramenti, dove dico che è proibito per loro fare da padrini, proibito per loro partecipare a tutte quelle che sono le funzioni anche sacramentali, perché è la dottrina opposta all’anima del Vangelo, che è fondata sulla giustizia e sulla carità. In loro, invece, c’è solo sopraffazione, schiavitù. Allora, bisogna trovare insieme tutte quelle sinergie che possano contrastare metodi che tendono a rompere la società attraverso un’offerta che, in un primo momento, può apparire un’offerta di lavoro, ma che poi si rivela per ciò che è: un lavoro di morte. Dobbiamo battere su questa realtà e soprattutto, evitare che i giovani possano essere presi da questa rete che soffoca e uccide.

D. - Le parole del Papa a Palermo hanno entusiasmato proprio i giovani e, spesso, molto spesso, anche quando lei parla e dice cose analoghe, si rivolge ai giovani che accolgono sempre con molta apertura…

R. - Vedo che c’è tanto entusiasmo. Ci chiedono che li si accompagni, che si stia vicini, che nei momenti difficili ci si possa veramente aprire e, soprattutto, che si diano dei segni concreti. Perché basta con le parole, basta con le chiacchiere, basta con i progetti campati in aria. Nell'arcidiocesi, per esempio, abbiamo realizzato un progetto microcredito per i giovani: prestiamo 20 mila euro senza interessi perché realizzino dei progetti. Abbiamo fatto la casa per le donne e i bambini abbandonati, per tenerli insieme. Sono tanti piccoli segni. Abbiamo fatto dei centri informatici nelle parrocchie. Ogni anno 50, 60 giovani vengono recuperati; riusciamo a integrarli e a fargli percorrere una strada di legalità e di civiltà.







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