Il popolo di Dio in Sicilia unito nel promuovere la rinascita dell'isola
Ma quali sono le speranze per questa visita del Papa? Salvatore Sabatino lo ha chiesto
al vescovo ausiliare di Palermo, Carmelo Cuttitta:
R. – Vorremmo
che veramente le parole del Papa ci spronassero ad una rinascita e soprattutto ad
una prospettiva di speranza, di cui la Sicilia ha molto bisogno.
D.
– La Chiesa siciliana svolge un ruolo importantissimo, perché può essere considerata
un faro che i giovani vogliono seguire; e uno dei fari della Chiesa siciliana è stato
sicuramente don Puglisi, che lei conosce bene …
R. –
Lo conosco io personalmente, per essere stato un suo chierichetto – si diceva una
volta – e poi per avere manifestato a lui l’intenzione, i segni della vocazione che
il Signore mi donava; ma lo conoscono tantissimi giovani. E tra i giovani, padre Pino
Puglisi è ancora un punto di riferimento. E’ quello che accade ai buoni cristiani,
ai buoni presbiteri che non solo hanno predicato il Vangelo, ma sono diventati essi
stessi Vangelo vivo. E allora, come il Vangelo è eterno, c’è anche la possibilità
di eternarsi per coloro che, accogliendo il Vangelo e predicandolo e testimoniandolo
con il sangue, evidentemente accade.
D. – Ancora oggi
è difficile predicare il Vangelo in una terra martoriata, purtroppo, dalla violenza
…
R. – Il Vangelo è difficile predicarlo soprattutto
quando ci sono grandi difficoltà nella vita; però, se riesce ad entrare nella vita
personale, opera meraviglie e queste meraviglie vengono continuamente operate nella
nostra realtà. Purtroppo, devo dire che la realtà della malavita o della mafia – ancora
peggio – strumentalizza una forma di religiosità devozionale che non ha nulla a che
fare né con l’annuncio del Vangelo né con la vita cristiana.
D.
– Noi abbiamo ben presenti le omelie dell’arcivescovo Romeo come quelle del cardinale
Pappalardo qualche anno fa: sono sempre state all’insegna della forza, della forza
di reazione della popolazione siciliana. Oggi com’è, questa società?
R.
– Io credo che il cardinale Pappalardo in modo particolare - perché ha dovuto celebrare
i funerali di tante persone - sia riuscito con la sua voce levata in alto, con i suoi
pensieri gridati, a scuotere le coscienze dei siciliani. La Sicilia, da quel momento
e adesso, nel corso degli anni, non ha smesso di schierarsi dalla parte del bene e
mai dare adito ad una qualche forma di connivenza o di accoglienza di ciò che non
è bene.
D. – Come vede il futuro della Sicilia? Ci sono
tanti problemi, in primis la disoccupazione: i giovani purtroppo sono costretti ad
andare via …
R. – Il futuro della Sicilia dipende molto
da noi. Io devo dire che in questo momento c’è una sorta di immobilismo, c’è un rimanere
invischiati nei meandri della cosiddetta politica; e da questo non si riesce ad uscire.
Un esempio per tutti: nell’arco di due anni, il governo regionale è stato rinnovato
quattro volte. Non è possibile! Non si va avanti e non si dà un futuro alla Sicilia!
D.
– Forse c’è bisogno di maggiore continuità, anche di maggiore attenzione …
R.
– Ci vuole molta più attenzione e soprattutto ci vuole il guardare al bene comune.
Ascoltiamo
infine, sempre al microfono di Salvatore Sabatino, la testimonianza di una giovane
coppia di sposi, Giuseppe e Irene Bonanno, vice-direttori dell’Ufficio della
pastorale familiare della diocesi di Caltagirone. Iniziamo da Giuseppe:
R. – La
speranza che ci portiamo a casa è questa: che si possano mettere insieme tutte le
forze sane della Sicilia, che sono tantissime, a partire dalle istituzioni, a partire
dalla nostra Chiesa; e metterci insieme, affinché attraverso – come dice il Vangelo
– i nostri cinque pani e due pesci, che portiamo al Signore, che portiamo anche a
chi ci sta intorno, possano dare veramente una mano d’aiuto a questa nostra Sicilia
che ha bisogno veramente di alzarsi. E crediamo che la presenza di Benedetto XVI possa
diventare lo slancio affinché ciò possa avvenire!
D.
– Irene, voi siete una giovane coppia; avete tre figli: fare i genitori, ovviamente,
è il mestiere più difficile del mondo, in particolar modo in determinate zone d’Italia
…
R. – Ci preoccupa questo, soprattutto: il fatto di
dare loro speranza. Loro lo vedono: abbiamo le nostre fragilità, le nostre cadute
ma cerchiamo, affidandoci a Dio, di rialzarci, comunque di creare quella comunione
di cui ha bisogno la nostra famiglia, le altre famiglie. Quindi, è uno sguardo – questo
– del coraggio, uno sguardo che si deve trasmettere, uno sguardo di speranza che si
deve trasmettere alle generazioni. E come si fa se prima non partiamo da noi? E come,
se noi non partiamo prima da Dio?