Concerto in Aula Paolo VI alla presenza del Papa: la musica, riflesso della grande
armonia del cosmo
“In mezzo alle forze vitali della natura che sono intorno e dentro l’uomo, la fede
è una forza diversa che risponde a una parola profonda uscita dal silenzio”. Lo ha
detto il Papa nel breve discorso di ieri sera al termine del concerto in suo onore
offerto dall’Eni, nell’Aula Paolo VI, in occasione dei restauri della Basilica di
San Pietro. Ad interpretare la musica sinfonica di F. J. Haydn, l’inno al martirio
di Santa Cecilia di Arvo Part e la Fantasia corale di L.V. Beethoven, l’Orchestra
e il Coro dell’Accademia di Santa Cecilia, diretti dalla bacchetta estone, Neeme Jarvi,
e da Ciro Visco. Al pianoforte, Andrea Lucchesini. All’evento ha assistito anche un
gruppo di poveri, ospiti della Caritas diocesana. Il servizio di Gabriella Ceraso:
(musica)
Gli
effetti a sorpresa, la piacevole arguzia, la freschezza inventiva di un’esemplare
sinfonia londinese, la numero 94, di Frances Joseph Haydn, affidata alla bacchetta
dell’estone Neeme Jarvi, hanno aperto la serata di ieri in una gremita e assorta Aula
Paolo VI, facendo risuonare, come ha poi sottolineato il Papa in una breve riflessione,
insieme alla atipica fantasia corale di Ludwig Van Beethoven, tutta la ricchezza e
la potenza della musica sinfonica classico-romantica.
“Con essa,
il genio umano gareggia in creatività con la natura, dà vita ad armonie varie e multiformi,
dove anche la voce umana partecipa di questo linguaggio, che è come un riflesso della
grande sinfonia cosmica”.
Incastonata tra le due pagine sinfoniche
è l’opera sacra contemporanea di Arvo Part, che narra il martirio di Cecilia, vergine
romana. Pur avvalendosi anch’essa, spiega il Papa, di uno strumento simile ad un’orchestra
sinfonica e ad un coro, vuole dare voce ad un’altra realtà che non appartiene al mondo
naturale:
“Dà voce alla testimonianza della fede in Cristo, che in
una parola si dice ‘martirio’. E’ interessante che questa testimonianza sia improntata
proprio da Santa Cecilia, una martire che è anche la patrona della musica e del bel
canto”.
Bisogna, dunque, congratularsi con chi ha ideato il programma
del concerto, afferma Benedetto XVI, perché l’accostamento del lavoro su Santa Cecilia
alle opere di Haydn e Beethoven offre un contrasto ricco di significato, che invita
a riflettere. Il testo del martirio e lo stile musicale che lo interpreta, spiega
Benedetto XVI, sembrano, infatti, rappresentare il posto e il compito della fede nell’Universo:
“In
mezzo alle forze vitali della natura, che sono intorno all’uomo e anche dentro di
lui, la fede è una forza diversa, che risponde ad una parola profonda uscita dal silenzio,
come direbbe Sant’Ignazio di Antiochia. La parola della fede ha bisogno di un grande
silenzio interiore, per ascoltare e obbedire ad una voce che è oltre il visibile e
il tangibile”.
La fede, dunque, segue questa voce profonda laddove
l’arte stessa da sola non può arrivare.
“La segue nella via della
testimonianza, dell’offerta di se stessi per amore, come ha fatto Cecilia. Allora,
l’opera d’arte più bella, il capolavoro dell’essere umano è ogni suo atto di amore
autentico, dal più piccolo nel martirio quotidiano, fino all’estremo sacrificio. Qui
la vita stessa si fa canto, un anticipo di quella sinfonia che canteremo insieme in
Paradiso”.