Unione Europea: documento delle Chiese cristiane per la lotta alla povertà
Negli ultimi dieci anni, in Europa, il numero delle persone a rischio povertà (che
vivono cioè con il 60% di uno stipendio medio) è passata da 80 a 84 milioni di persone.
In termini percentuali dal 16% al 17% della popolazione europea. Questo dato allarmante
si inserisce in un trend di forte crescita della forbice tra ricchi e poveri” che
si registra in tutte le società europee, il tutto mentre “i livelli della spesa sociale
sono stati ridotti se non addirittura tagliati”. È questa la realtà della povertà
in Europa messa a fuoco dal documento “Non negare la giustizia ai nostri poveri”,
presentato ieri al Parlamento Europeo a Bruxelles da Caritas Europa, la Commissione
Chiesa e società della Conferenza delle chiese europee (Kek), il Segretariato della
Commissione degli episcopati della Comunità Europea (Comece) e Eurodiaconia. Nel documento,
citato dall'agenzia Sir, le Chiese fanno notare come “l'impatto sociale della crisi
economica e finanziaria ha trascinato un gran numero di persone nella povertà, e la
situazione per le persone più vulnerabili è peggiorata”. “Milioni di persone – si
legge nel Rapporto - hanno perso il lavoro, o hanno dovuto accettare una riduzione
del loro stipendio, o occupare posti di lavoro precari”. “Il sovra-indebitamento delle
persone e delle famiglie sta diventando un problema diffuso in molti Paesi. La disoccupazione
tra i giovani è aumentata drammaticamente e minaccia il futuro di un’intera generazione”.
Gli anziani, le famiglie, le donne e i bambini: sono loro i “volti” dei poveri oggi
in Europa. Gli anziani sono generalmente le persone più esposte alla povertà a causa
dei contributi pensionistici sempre più bassi. Il loro tasso di povertà raggiunge
il 25% in alcune nazioni. Nella maggior parte dei Paesi dell'UE, le famiglie con bambini
sono a maggior rischio di povertà rispetto alla popolazione generale. E lo sono anche
i bambini che vivono in famiglie senza lavoro o con un solo genitore o in una famiglia
numerosa. La povertà limita le loro opportunità di vita fin dalla prima infanzia.
I fattori invece che rendono le donne più povere rispetto agli uomini sono complessi.
Intanto – si legge nel Rapporto - occupazione, lavoro e retribuzione non sono ancora
equamente distribuiti in tutti gli Stati membri. In molti casi poi è difficile conciliare
le responsabilità familiari con il lavoro. Se poi si verifica una separazione familiare,
sono le donne a correre il rischio più elevato di povertà. Il documento si conclude
con una serie di 14 raccomandazioni politiche alle istituzioni Ue e agli Stati membri
per “combattere la povertà e l’esclusione sociale” nel quadro del Trattato di Lisbona.
Il documento chiede anzitutto l’implementazione della nuova clausola sociale nel Trattato
dell’Unione europea, e rammenta che “per attuare i principi e i diritti sociali” riconosciuti
dall’Ue, quest’ultima deve “garantire ad ogni essere umano le condizioni necessarie
ad una vita dignitosa”. Alla Commissione europea le Chiese chiedono poi di inserire
al riguardo “uno specifico capitolo nella sua strategia politica annuale”, nonché
di istituire un gruppo di esperti per “verificare annualmente l’implementazione della
clausola sociale”. Il documento chiede inoltre misure di sostegno alle famiglie a
rischio povertà, ma anche l’impegno delle istituzioni Ue per “società più family-friendly”,
ad esempio garantendo sussidi per ogni figlio e promuovendo la riduzione dell’Iva
sui prodotti per l’infanzia. Le Chiese chiedono all’Ue anche di proteggere la domenica
come “giorno collettivo di riposo settimanale”. (M.G.)