India: dal verdetto di Ayodhya un “campanello di allarme” per le minoranze religiose
“La sentenza di Ayodhya, basata sul compromesso politico, potrà avere gravi ripercussioni
sulle minoranze religiose in India. I movimenti estremisti indù che distrussero la
moschea di Babri Masjid nel 1992 cantano vittoria e, allo stesso modo, rivendicano
almeno altri 3.000 siti dove sorgono edifici di culto appartenenti alle altre minoranze
religiose”: è quanto dice in un commento rilasciato all’agenzia Fides il cattolico
John Dayal, attivista indiano per i diritti umani e Segretario generale dell’All India
Christian Council, organismo che riunisce rappresentanti cristiani di tutte le confessioni,
molto attivo nella difesa delle minoranze religiose. Dayal spiega che “il verdetto,
con la disposizione di dividere l’area contesa fra indù e musulmani, è stato considerato
come l’unico modo per ricreare pace fra le due comunità. Ma credo che potrebbe avere
l’effetto opposto: la Corte, con tale decisione, ha dato adito e credibilità legale,
senza prove storiche o archeologiche, alla mitologia indù del luogo di nascita del
Dio Rama, sulle cui rovine sarebbe poi stata costruita la moschea. Per questo i gruppi
estremisti indù, che la rasero al suolo nel 1992, considerano il verdetto come una
gloriosa vittoria e hanno ripreso entusiasmo. Il capo del Rss (Rashtriya Swayamsevak
Sangh, “Corpo nazionale dei volontari”) ha già richiamato tutti i militanti, lanciando
una campagna nazionale per costruire un tempio magnificente al Dio Rama, e alcuni
politici come Lal Krishna Advani, del partito nazionalista indù Baratiya Janata Party,
hanno già espresso parere favorevole”. Dayal segnala, a questo punto, seri pericoli
per le minoranze religiose: “Esistono, infatti, molti altri casi simili: territori
contesi fra gruppi religiosi, in cui documenti di archivio e prove archeologiche scarseggiano.
Solo nelle relazioni fra indù e musulmani sono in corso almeno altre tre grandi dispute.
Ma, secondo movimenti estremisti indù come il ‘Sangh Parivar’, sono almeno 3.000 gli
edifici di culto, appartenenti a comunità religiose minoritarie, che sarebbero stati
costruiti sui resti di templi indù. Oggi, sull’esempio di Ayodhya, tali rivendicazioni
potrebbero moltiplicarsi o riprendere vigore, con effetti negativi sui rapporti interreligiosi.
Inoltre la sentenza - continua il Segretario - non tiene conto della legge per cui
il terreno di un edificio religioso – tempio, moschea o chiesa – è stato riconosciuto
e stabilito per sempre a partire dal momento dell’Indipendenza dell’India, il 15 agosto
1947, e nessuno può usurpare il luogo o l’edificio di un’altra comunità religiosa”.
Il verdetto di Ayodhya, ribadisce Dayal a Fides, costituisce un “campanello di allarme
per le minoranze religiose in India. Quello che più mi preoccupa è vedere che i tribunali
non decidono sulla base delle prove o del diritto, ma considerando i sentimenti del
popolo. Questo dà alla comunità maggioritaria, quella indù, un potere straordinario
in un Paese multiculturale come l’India”. Una nota positiva, secondo Dayal, è stata
l’attenzione del governo e della polizia sulla vicenda: il controllo dei militanti,
lo schieramento delle forze di sicurezza, il blocco degli Sms collettivi. “Questo
significa che le minoranze possono e devono essere protette”, conclude. (R.P.)