L'Ue chiede rigore ai governi contro la crisi. Moody's declassa il rating della Spagna
L'Unione Europea è messa a dura prova dagli scioperi che stanno paralizzando diversi
Paesi comunitari. Ieri le manifestazioni hanno di fatto bloccato Spagna e Grecia.
E all’indomani del primo sciopero generale dell’era Zapatero, l'agenzia internazionale
di valutazione del credito, Moody's, ha tagliato il rating della Spagna per la debolezza
delle prospettive economiche del Paese. Intanto il governo di Atene - dopo oltre
2 settimane di proteste dei camionisti - si prepara a far applicare un nuovo articolo
di legge che prevede dure pene detentive per chi persiste in una protesta definita
''illegale''. Ieri a Bruxelles, anche i sindacati europei sono scesi in piazza contro
le politiche di austerity promosse dall'Ue per stabilizzare i mercati finanziari.
Questo, mentre il presidente della Commissione Ue Barroso presentava il nuovo piano
per il rafforzamento delle sanzioni per i Paesi che non correggono gli squilibri nei
conti pubblici. Secondo Barroso tali provvedimenti sono “nell'interesse dei lavoratori
e dei segmenti più deboli della società”. Ce ne parla l’economista Giacomo Vaciago,
docente di Politica Economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano,
intervistato da Giada Aquilino:
R. - Fare
troppi debiti, abbiamo visto negli anni scorsi, prima o poi produce crisi, disoccupazione,
frenate e guai ancora maggiori. In altre parole, nel documento di ieri della Commissione
c’è un approccio di lungo periodo, che invita i 27 Paesi - e in particolare i 16 della
zona euro - a guardare lontano e a tenere in equilibrio le loro finanze pubbliche.
Il problema è quello di un piano di rientro: l’approccio suggerito da Bruxelles è
in 20 anni; il che mi sembra risponda a chi teme che tutti insieme debbano domani
fare grandi tagli, perché allora veramente rischieremmo di aggravare la situazione
attuale. Questi documenti verranno discussi, con comodo, nei prossimi mesi a Bruxelles
con i governi; alla fine nascerà una strategia di graduale rientro verso una situazione
di equilibrio, che dice che negli anni normali lo Stato, il governo federale, non
deve fare debito.
D. - Nel frattempo la Spagna e la Grecia hanno scioperato;
proteste ci sono state anche a Bruxelles contro le misure di austerità imposte agli
Stati europei dalla nuova politica economica. Quale messaggio danno allora i lavoratori
europei all’Unione Europea?
R. – Attenzione a chi si fanno pagare i
conti. Non possiamo, infatti, continuare ad avere una situazione in cui i vertici
delle banche guadagnano miliardi e quando poi c’è la crisi si cacciano i lavoratori.
La cosa grave della crisi è che qualcuno è più povero e qualcuno è più ricco ed ha
tratto beneficio dalla bolla che è durata per qualche anno. Riguardo a ciò, guardandolo
con gli occhi dell’equità, dobbiamo sapere che il messaggio va rovesciato: chi ha
avuto troppo, deve pagare; e non chi ha avuto poco deve ora perdere anche quel poco
che ha. Anche questo va fatto capire ai nostri governi. Un’attenzione ai valori dell’equità
deve tornare fortissima proprio nel momento in cui si deve rientrare dalla “sbornia”
degli anni scorsi.
D. - E’ possibile tornare a tali valori di equità?
R.
- Spero che anche per questo ci siano state le proteste nei Paesi europei. L’illusione
che stampando moneta si fosse tutti più ricchi è finita, spero; l’illusione che, spendendo
soldi pubblici e debito pubblico, nessuno pagasse mai i conti, spero che sia finita
anche questa. Adesso torniamo a ragionare in termini reali, perché senza crescita,
non c’è benessere maggiore negli anni e quindi la priorità deve essere lo sviluppo.
Le cose da fare per lo sviluppo le sappiamo: stimolare il merito, l’innovazione, l’accumulazione
di capitale. Quindi l’attenzione alla crescita e l’attenzione all’equità nella distribuzione
del prodotto sono i due valori che ci siamo un po’ dimenticati negli anni passati.