Il governo vietnamita, in difficoltà per i casi di Aids, rifiuta l’aiuto delle organizzazioni
religiose
In Vietnam, il continuo aumento dei casi di Aids/Hiv mette in difficoltà il governo.
A tutt'oggi nel Paese sono oltre 300mila le persone affette dalla malattia e ogni
anno si registrano circa 24mila morti. Incapace di risolvere il problema il governo
ha di recente chiesto aiuto alle organizzazioni umanitarie straniere, vietando però
il coinvolgimento di qualsiasi associazione religiosa. Nonostante le opportunità date
dalla continua crescita economica, le autorità vietnamite non hanno sviluppato in
questi anni adeguate strutture educative e ospedaliere. Prevenzione della malattia,
riconoscimento dei casi e adeguate norme di trattamento dei malati sono di fatto assenti
e chi contrae l’Hiv/Aids subisce continue discriminazioni. Secondo uno studio del
2008 sulle attività sociali presenti nel Paese, - riferisce l'agenzia AsiaNews - il
governo ha fatto in questi anni dei piccoli passi, sviluppando alcuni progetti di
assistenza sociale. Resta però il divieto per le organizzazioni religiose di contribuire
con propri programmi di assistenza in modo ufficiale, anche se si contano nel Paese
diversi programmi informali svolti dalle parrocchie e da istituti religiosi. Thao,
cristiana e operatrice sociale di Ho Chi Minh City, sottolinea che negli ospedali
e nelle scuole le persone malate di Aids non ricevono un trattamento adeguato e a
causa della cultura materialista esse sono confinate ai margini della società. “Nel
Paese – afferma – si parla solo di questa malattia, ma in realtà chi ha contratto
l’Hiv/Aids non può lavorare e non può mandare i propri figli a scuola”. La donna aggiunge
che questo atteggiamento sta mettendo in pericolo anche la vita di oltre 70mila orfani
che hanno contratto la malattia dai genitori. Secondo la Thao, essi rischiano di essere
lasciati da soli al proprio destino. “Il governo – continua – ha l’esclusiva su tutti
i progetti di assistenza. Le autorità continuano a chiedere soldi, ma non hanno compassione
per le vittime. Esse non consentono a nessuna associazione di religiosa di elaborare
programmi di aiuto, anche se queste organizzazioni sono famose per la serietà con
cui trattano i propri pazienti”. (R.P.)