Raid israeliano su Gaza: 3 morti. Stallo nel negoziato di pace dopo la fine della
moratoria sugli insediamenti dei coloni
Scaduta la moratoria di dieci mesi, le costruzioni negli insediamenti ebraici sono
riprese in Cisgiordania in diverse colonie ma su scala ridotta, mentre da parte palestinese
non è avvenuto il più volte minacciato ritiro dai negoziati di pace diretti con Israele.
Negli Stati Uniti il Dipartimento di Stato ha espresso ''delusione'' per la fine della
moratoria e il rischio di sospensione dei negoziati. Intanto sul terreno un nuovo
raid su Gaza ha provocato 3 morti. Il servizio è di Graziano Motta:
Per un commento
sull'attuale situazione in Medioriente Roberta Gisotti ha raccolto il commento di
Innocenzo Gargano, teologo, fondatore dei Colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli:
R. - Nessuno
vuole mettere in dubbio che si tratti di una situazione veramente molto difficile,
però, dal momento che finalmente avevamo cominciato a vedere qualche risultato positivo,
lasciarsi deviare dalla indicazione, che è stata tenuta presente finora, e che ha
permesso di arrivare a questi negoziati, a motivo di piccoli incidenti o di proteste
più o meno poi esaltate dai mass media, mi sembra davvero una mancanza di serietà
politica. Cioè, se questi responsabili, da una parte e dall’altra, hanno capito di
avere finalmente imboccato la strada giusta per arrivare a vivere in pace tra vicini,
si va avanti.
D. - Padre Gargano, si ha quasi l’impressione di essere di fronte
a dei leader politici che mancano in qualche modo di autorevolezza, che sembrano prigionieri
dei propri elettorati?
R. - Questo, sì, è un vero problema, ma vale per loro
e vale per tutti i politici di questo mondo. Questo condizionamento che viene da frange
estremiste, minimali, ce l’hanno tutti i politici. L’Italia ha avuto una storia abbastanza
lunga su questo problema. Quindi, sì, potrei essere d’accordo che abbiamo bisogno
di leader un po’ più robusti, più capaci di dire 'no', e che dicano 'abbiamo capito
dove sta la strada per la pace e la perseguiamo fino in fondo'.
D. - Quindi,
c’è da sperare nella lungimiranza di questi due leader che hanno in mano in questo
momento un’occasione…
R. - Sì, soprattutto c'è bisogno di non lasciarli soli.
Cioè, se queste grandi potenze ed anche l’opinione pubblica internazionale, a sua
volta, sono motivate dalla pace e non da altri interessi - più o meno confessabili
- devono supportare questi due leader che già hanno problemi all’interno delle loro
situazioni politiche. Magari anche loro erano partiti da estremismi più o meno condivisibili.
Mano a mano che hanno fatto l’esperienza si sono resi conto che l’unica strada della
pace è il compromesso, a questo punto. Ma che cosa vogliamo fare? Il compromesso non
è necessariamente negativo, il compromesso è “com-promittere”, cioè io do una cosa
a te, tu la dai a me, in modo che insieme possiamo raggiungere un obiettivo. Questo
è stato verificato in questi 10 mesi di sospensione. Perché non raccogliere i frutti
adesso di quello che abbiamo verificato?