2010-09-28 14:33:42

Bolivia: intervento dei vescovi sul progetto di legge contro discriminazione e razzismo


Rispondendo alla richiesta delle autorità che nei giorni scorsi avevano sollecitato i vescovi della Bolivia a esprimere le proprie considerazioni, analisi e opinioni sul progetto di legge in discussione per combattere le discriminazioni e il razzismo, ieri, la segreteria generale della Conferenza episcopale ha reso pubblica una nota sull'argomento. I vescovi hanno ricordato quanto, da sempre e in ogni circostanza, la Chiesa cattolica sia contraria a qualsiasi forma di discriminazione e di razzismo e si sono complimentati con le autorità per l’impegno a dare una configurazione giuridica alla complessa materia. Per i presuli boliviani ogni forma di discriminazione è un "attentato contro la libertà e l’uguaglianza delle persone"; libertà e uguaglianza che trovano il loro fondamento ultimo "nella legge naturale universale e che, inoltre, sono parte integrante della nostra cultura". La Chiesa, partecipando alle discussioni, desidera "dare un contributo e proporre una riflessione critica e positiva", si legge nella nota episcopale e, al tempo stesso intende "segnalare alcuni rischi" nel caso venisse approvato il testo attuale. I vescovi scrivono: "Lo Stato democratico deve garantire ai suoi abitanti l'esercizio pieno dei propri diritti e la sicurezza giuridica di poter esprimere liberamente le proprie opinioni, senza colpire i diritti degli altri. Nessuno, dunque, sarà giudicato per fatti non chiaramente definiti né tantomeno sarà perseguitato senza una giusta causa. È una condizione indispensabile per consentire una convivenza pacifica e armonica: condizioni necessarie a ogni società organizzata". Nel dettaglio, i vescovi ritengono che “la forma in cui è formalizzato il progetto di legge dà luogo a uno stato di insicurezza giuridica sia degli individui, sia della collettività, poiché non esistono parametri chiari" per definire e precisare "quando si tratta di condotte che possono essere definite, e dunque giudicate discriminatorie". Tra l'altro, osserva la nota, questi parametri sono "fondamentali per regolare la condotta di un popolo". Perché si parla di "insicurezza giuridica"? Perché, rispondono i vescovi, "si lascia all'interpretazione dell’autorità pubblica" la facoltà di definire una condotta discriminatoria, razzista o meno e ciò "apre la possibilità a forme che possono mettere a rischio i diritti delle persone e violare l'indispensabile sicurezza giuridica di cui, in uno Stato di diritto, ogni cittadino gode". Tutte le sacrosante forme di lotta contro le discriminazioni e il razzismo devono però essere "compatibili con i principi del pluralismo, della libertà di pensiero e della libera espressione", sottolineano i vescovi, che mettono in guardia dal rischio di arrivare "all'imposizione di un pensiero unico e a una sola visione della persona e della società, che minacciano la sana convivenza sociale e lo stesso sistema democratico". Secondo i vescovi, senza le correzioni necessarie e dovuti chiarimenti concettuali, il progetto, approvato in questa forma, "metterebbe a rischio l'esercizio democratico della libera espressione e della critica". Perciò, conclude la nota episcopale, "occorre un ampio dibattito sociale" aperto a tutti i membri della società boliviana e i cattolici, dunque, vengono invitati a prendere parte a queste discussioni con il doppio obiettivo di migliorare i contenuti, ma anche approfondire la lotta contro ogni forma di razzismo e discriminazione. (A cura di Luis Badilla)







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