Bolivia: intervento dei vescovi sul progetto di legge contro discriminazione e
razzismo
Rispondendo alla richiesta delle autorità che nei giorni scorsi avevano sollecitato
i vescovi della Bolivia a esprimere le proprie considerazioni, analisi e opinioni
sul progetto di legge in discussione per combattere le discriminazioni e il razzismo,
ieri, la segreteria generale della Conferenza episcopale ha reso pubblica una nota
sull'argomento. I vescovi hanno ricordato quanto, da sempre e in ogni circostanza,
la Chiesa cattolica sia contraria a qualsiasi forma di discriminazione e di razzismo
e si sono complimentati con le autorità per l’impegno a dare una configurazione giuridica
alla complessa materia. Per i presuli boliviani ogni forma di discriminazione è un
"attentato contro la libertà e l’uguaglianza delle persone"; libertà e uguaglianza
che trovano il loro fondamento ultimo "nella legge naturale universale e che, inoltre,
sono parte integrante della nostra cultura". La Chiesa, partecipando alle discussioni,
desidera "dare un contributo e proporre una riflessione critica e positiva", si legge
nella nota episcopale e, al tempo stesso intende "segnalare alcuni rischi" nel caso
venisse approvato il testo attuale. I vescovi scrivono: "Lo Stato democratico deve
garantire ai suoi abitanti l'esercizio pieno dei propri diritti e la sicurezza giuridica
di poter esprimere liberamente le proprie opinioni, senza colpire i diritti degli
altri. Nessuno, dunque, sarà giudicato per fatti non chiaramente definiti né tantomeno
sarà perseguitato senza una giusta causa. È una condizione indispensabile per consentire
una convivenza pacifica e armonica: condizioni necessarie a ogni società organizzata".
Nel dettaglio, i vescovi ritengono che “la forma in cui è formalizzato il progetto
di legge dà luogo a uno stato di insicurezza giuridica sia degli individui, sia della
collettività, poiché non esistono parametri chiari" per definire e precisare "quando
si tratta di condotte che possono essere definite, e dunque giudicate discriminatorie".
Tra l'altro, osserva la nota, questi parametri sono "fondamentali per regolare la
condotta di un popolo". Perché si parla di "insicurezza giuridica"? Perché, rispondono
i vescovi, "si lascia all'interpretazione dell’autorità pubblica" la facoltà di definire
una condotta discriminatoria, razzista o meno e ciò "apre la possibilità a forme che
possono mettere a rischio i diritti delle persone e violare l'indispensabile sicurezza
giuridica di cui, in uno Stato di diritto, ogni cittadino gode". Tutte le sacrosante
forme di lotta contro le discriminazioni e il razzismo devono però essere "compatibili
con i principi del pluralismo, della libertà di pensiero e della libera espressione",
sottolineano i vescovi, che mettono in guardia dal rischio di arrivare "all'imposizione
di un pensiero unico e a una sola visione della persona e della società, che minacciano
la sana convivenza sociale e lo stesso sistema democratico". Secondo i vescovi, senza
le correzioni necessarie e dovuti chiarimenti concettuali, il progetto, approvato
in questa forma, "metterebbe a rischio l'esercizio democratico della libera espressione
e della critica". Perciò, conclude la nota episcopale, "occorre un ampio dibattito
sociale" aperto a tutti i membri della società boliviana e i cattolici, dunque, vengono
invitati a prendere parte a queste discussioni con il doppio obiettivo di migliorare
i contenuti, ma anche approfondire la lotta contro ogni forma di razzismo e discriminazione.
(A cura di Luis Badilla)