Afghanistan: i talebani rivendicano l'attentato di Ghazni
Una condanna alla violenza che continua a insanguinare l’Afghanistan è venuta oggi
da un commosso presidente, Hamid Karzai, proprio quando i talebani hanno rivendicato
l'ultimo attentato nella provincia orientale di Ghazni: l’uccisione del vicegovernatore
locale, Muhammad Kazim Allahyar, di due suoi familiari e di altre tre persone. Nelle
prossime ore, intanto, il governo dovrebbe rendere noti i nomi dei membri dell'Alto
Consiglio di pace, un organismo creato dallo stesso Karzai per aprire un processo
di dialogo e reintegrazione dei talebani. Soltanto ieri, il comandante delle forze
Usa nel Paese e della missione Nato, David Petraeus, aveva rivelato che alcuni leader
talebani hanno contattato Karzai per iniziare una fase di riconciliazione. Per una
testimonianza sulla situazione in Afghanistan, Giada Aquilino ha raggiunto
telefonicamente a Kabul Simona Lanzoni, direttrice progetti della Fondazione
Pangea Onlus:
R. – La situazione
in Afghanistan è diversa a seconda delle zone: Kabul è relativamente tranquilla, in
attesa dei risultati che arriveranno alla fine del mese di ottobre, mentre nelle altre
province ci sono attacchi, ci sono uccisioni. Proprio oggi, c’è stato un attacco kamikaze
che ha ucciso nella provincia di Ghazni sei persone e ha colpito il vicegovernatore
dell’area. Ieri, in un’altra provincia, i talebani avevano invece impiccato due afghani
che commerciavano con l’Isaf. E’ quindi un continuo segnale di allarme rispetto alla
situazione politica.
D. - Nonostante la violenza prosegua, il generale
statunitense Petraeus ha detto che il controllo della guerra è passato dai talebani
alla Nato. Qual è la situazione, da quello che si può constatare sul terreno?
R.
- Sul territorio ci sono purtroppo ancora molti attacchi talebani che colpiscono le
persone.
D. - Ci potrebbe essere un primo passo verso la riconciliazione
tra talebani e Karzai, come ha accennato lo stesso Petraeus?
R. - Trattative
vanno avanti da molto tempo, anche se i talebani - la scorsa estate - hanno detto
che non avrebbero accettato negoziati con Karzai, finché l’Isaf e la Nato non se ne
fossero andate dal territorio afghano. Sicuramente, trattative ci sono ancora e sicuramente
giocano un ruolo fondamentale la Nato e la presenza delle forze militari straniere.
Bisogna vedere, quindi, quali saranno i contatti in corso che si giocheranno, in parte,
anche sui risultati delle elezioni.
D. – Fondazione Pangea Onlus da
sempre si occupa delle donne. Come vivono oggi in Afghanistan?
R. -
In situazioni di grossa oppressione e non soltanto dal punto di vista politico rispetto
alle costrizioni sociali, ma anche per quello che vivono generalmente all’interno
delle famiglie, le quali sempre più diventano restrittive rispetto alle possibilità
che le donne hanno di esprimersi nella società e nella comunità. Le donne vivono,
quindi, sempre sotto la responsabilità del marito o della famiglia del marito. Molto
spesso per emanciparsi hanno bisogno di conoscenze. Conoscenze che pochi hanno in
Afghanistan: purtroppo le associazioni che hanno un’apertura - come Fondazione Pangea
- sono ancora troppo poche e c’è bisogno della presenza internazionale e della formazione
degli afghani per diffondere le tematiche dei diritti, della partecipazione nella
società civile per le donne e gli uomini. La Fondazione Pangea opera in Afghanistan
dal 2003 e abbiamo un progetto di microcredito e di educazione delle donne, che funziona
molto bene. Grazie anche all’educazione che viene fatta attraverso i progetti sui
diritti umani, sull’alfabetizzazione e sulla salute, sicuramente si aiutano le donne
ad emanciparsi, a migliorare, a creare rispetto sul loro ruolo all’interno della famiglia.
E’ chiaro che c’è ancora molto da fare ed è proprio per questo che la comunità internazionale
deve rimanere accanto alle donne afghane.