Mons. Zimowski al Congresso dell'Afar: scienza e fede alleate per il bene dell'uomo
“Scienza e fede: scelta di vita”: questo il titolo della Lettura Magistrale tenuta
stamani a Brescia da mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per
gli Operatori Sanitari. Il presule è intervenuto in apertura del decimo Congresso
nazionale dell’AFAR (Associazione Fatebenefratelli per la ricerca), i cui lavori proseguiranno
fino a mercoledì. Al centro del discorso di mons. Zimowski, il concetto che scienza
e fede possono instaurare una “relazione feconda e rispettosa”, perché esse possono
essere considerate “esperienze sorelle, amiche ed alleate”, ossia “non estranee, né
contrapposte”, ma vicine “in vista del bene dell’uomo”. Naturalmente, ha sottolineato
il presule, “nel corso del tempo la relazione tra scienza e fede non è sempre stata
armonica”, ma senza farsi condizionare da questo fatto, esse sono sorelle in quanto
“hanno origine dal Padre Celeste, pur essendo dotate ognuna della propria originalità,
della propria missione, del proprio metodo”. In questo modo, si possono riconoscere
“l’originalità e le differenze delle due esperienze, nel rispetto delle diverse competenze
e in un atteggiamento di relazione pacifica, di collaborazione e integrazione”. Inoltre,
fede e scienza possono essere amiche perché la prima “se rettamente intesa e vissuta,
non stempera la sete di conoscenza del mondo, ma la accende e porta a guardare con
occhi perennemente assetati di luce le meraviglie che le varie scienze si impegnano
a scoprire nel corso del tempo”. E ancora, scienza e fede “possono e devono diventare
alleate” perché esse sono “al servizio dell’uomo, della verità, della vita e l’una
dell’altra”. Riguardo all’uomo, essendo esperienze “aperte e non autoreferenziali”,
scienza e fede devono far intendere che la persona umana ‘riuscita’ “non è quella
prigioniera del proprio egoismo, ma quella che coltiva il senso della propria dignità
e della propria trascendenza”. Scienza e fede, poi, devono “servire la verità” poiché
sono mosse da “una vera e propria passione per la verità”. Esse sono, quindi, al servizio
della vita poiché “sono chiamate ad annunciare e coltivare il vangelo della vita e
tutelare la grandezza e la preziosità della vita umana, respingendo ogni minaccia
e violenza nei suoi confronti, professando il valore inviolabile di ogni persona,
denunciando ogni cultura di morte”. Infine, scienza e fede sono “provocazione e aiuto
l’una per l’altra”, poiché la prima “provoca il credente a coltivare l’intelligenza
ed è maestra di stupore”, mentre la seconda invita lo scienziato “a non scoraggiarsi
di fronte ai fallimenti, a rimanere sempre a misura d’uomo, a guardare all’ulteriorità,
a Dio, speranza che non tramonta”. Tutto questo, naturalmente, trova la sua applicazione
nella cura del malato, poiché scienza e fede “solo assieme salveranno l’uomo”: esse
sono come “due binari distinti e inconfondibili”, che, però, portano entrambi “verso
un futuro di bene e di solidarietà”. In precedenza, mons. Zimowski aveva celebrato
anche la Santa Messa di apertura del Congresso e nella sua omelia si era soffermato
sul concetto della carità, definita “superiore a tutte le regole”, e sull’importanza
dell’Eucaristia, “sacramento della misericordia di Dio” e grazie al quale trovare
la forza per il quotidiano servizio ai malati e ai sofferenti. Infine, il presule
aveva ricordato il sorriso di Maria, protettrice degli Infermi, in cui si riflette
“la nostra dignità di figli di Dio, una dignità che non abbandona mai chi è malato”.
Un sorriso che rimanda alla “tenerezza di Dio, sorgente di speranza invincibile” e
che nasconde “la forza per proseguire il combattimento contro la malattia e in favore
della vita”.(A cura di Isabella Piro)