I Paesi ricchi e il dovere di aiutare quelli più poveri: una riflessione di padre
Lombardi
L'attuale crisi economica mondiale ha fatto emergere per paradosso la capacità dei
Paesi più ricchi di saper provvedere a esborsi economici ingenti, pur in un periodo
di gravi ristrettezze, allo scopo di salvare il sistema bancario nazionale e internazionale.
Se questo è stato possibile, perché quando si tratta di aiutare i Paesi più poveri
quelli ricchi lamentano sempre scarsità di risorse? Su questa contraddizione, rilevata
anche da Benedetto XVI durante il suo recente viaggio in Gran Bretagna, si concentra
l'editoriale del nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:
“Troppo grandi
per fallire”. Nel suo ormai famoso discorso alla Westminster Hall di Londra, il Papa
ha ricordato un'espressione diventata corrente nel corso della recente crisi economica,
quando i governi sono intervenuti massicciamente e tempestivamente per salvare istituzioni
finanziarie molto importanti giunte sull’orlo del fallimento. Si è ritenuto necessario
intervenire con lo stanziamento di somme enormi - ricordava il Papa - perché queste
istituzioni erano “troppo grandi per fallire”. L’economia dei Paesi interessati ne
sarebbe rimasta pesantemente danneggiata. Il Papa intendeva dire: se si è stati capaci
di tali interventi per salvare grandi istituzioni finanziarie, perché non lo si è
quando si tratta dello sviluppo dei popoli della terra, della fame, della povertà
? Questo sì che è veramente un obiettivo troppo grande perché lo si possa fallire!
In questa luce va visto il recente vertice di New York sugli “Obiettivi
del Millennio”. Se ne daranno certamente valutazioni diverse. L’impresa è ciclopica
e chiama alla collaborazione non solo i governi, ma tutte le forze attive della società,
sia nel mondo sviluppato sia in quello in via di sviluppo. Per parte sua vi si impegna
anche la Chiesa nelle sue articolazioni, alla luce di una prospettiva spirituale e
morale, consapevole e attenta ai valori fondamentali, ben delineata nella enciclica
Caritas in veritate. Come riaffermava a New York il cardinale Turkson, presidente
del Consiglio per la Giustizia e la Pace: la persona umana deve essere al centro della
ricerca per lo sviluppo, non deve essere vista come un peso, ma come parte attiva
della soluzione.