2010-09-24 15:32:27

Disoccupazione giovanile in Italia. Mons. Miglio: situazione devastante


Preoccupazione in Italia per la crescita della disoccupazione, salita all’8,5%. E c’è allarme in particolare per i giovani: i senza lavoro sono quasi il 28,%. Si tratta del dato più alto dal 1999. Colpiti, soprattutto, il Sud e le donne. Luca Collodi ne ha parlato con mons. Arrigo Miglio, vescovo d’Ivrea e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani:RealAudioMP3

R. - Questi dati vanno scomposti secondo le diverse regioni dell’Italia, sostanzialmente tra Nord e Sud e, allora, le percentuali sono ancora più impressionanti. In modo particolare, la disoccupazione giovanile nelle regioni del Sud sfiora delle percentuali davvero da vertigini. Certamente, la situazione è molto grave. A parte, che in alcune regioni del Sud già si trascina da anni questa situazione. E’ ripresa l’emigrazione dei giovani; i giovani che emigrano molte volte sono quelli più preparati, per cui c’è un impoverimento di cervelli. Allora, se noi pensiamo a cosa significa il lavoro nella formazione di una persona, per la struttura di una persona, per la crescita, per il suo equilibrio, per la sua vita, cioè al di là del fatto economico, proprio il lavorare, il creare, l’intraprendere, il manifestare le proprie potenzialità, noi ci rendiamo conto di come sia devastante questa situazione. Senza voler per questo sminuire il problema economico che, evidentemente, è il grimaldello, il punto di partenza per il resto.

D. – Secondo lei serve un piano straordinario dello Stato sul fronte dell’occupazione e il lavoro, cioè più Stato nel mondo del lavoro?

R. - E’ difficile dire quanto ci debba essere di Stato sul mondo del lavoro. Certamente non si può immaginare un’assenza totale. Io credo che serva anzitutto una riflessione culturale ma anche una riflessione di tipo pratico, tecnico, per immaginare nuove forme di lavoro. Direi, una flessibilità di strutture. Purtroppo c’è già tanta flessibilità e precarietà di lavoro: la flessibilità è positiva, la precarietà no. Una flessibilità nell’immaginare nuove forme di lavoro. C’è poi il problema dei carichi fiscali. La cosa che mi pare chiara è che non possiamo immaginare una ripresa, una risalita da questa situazione, tornando a situazioni precedenti, positive o negative che fossero. La trasformazione è generale e profonda e, quindi, dobbiamo pensare e progettare, come ci ripete più volte anche la Caritas in veritate; da parte dello Stato, direi, anzitutto, che deve esserci un aiuto perché le persone, i gruppi, le imprese, la cooperazione, possano trovare strade e abbiano spazi perché poi la fantasia, la capacità di impresa, nel nostro Paese è tutt’altro che assente. Io vedo anzitutto una presenza dello Stato in questo senso, nell’aiutare e nel favorire forme di intrapresa, di cooperazione, che permettano alle persone di responsabilizzarsi, di cercare e di arrivare a una ripresa vera.

D. - Che cosa in conclusione ci dobbiamo aspettare sul tema lavoro e occupazione dalle Settimane sociali di Reggio Calabria?

R. – Noi abbiamo posto il problema, intanto, del carico fiscale sul lavoro, sulle imprese, e poi abbiamo posto anche un altro capitolo che abbiamo intitolato “slegare la mobilità sociale” e, quindi, superare certe rigidità, ad esempio per l’accesso a certe professioni, agli ordini professionali, in modo che davvero per i meritevoli, per i preparati, si aprano tante strade e non ci siano, invece, solo corsie preferenziali o esclusive per determinati figli di determinate famiglie o gruppi.(Montaggio a cura di Maria Brigini)







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