Emergenza Pakistan, dopo l'Onu anche l'Unicef chiede aiuto per salvare 10 milioni
di bambini
Oltre 10 milioni di bambini sono stati colpiti dalle inondazioni in Pakistan. L’Unicef,
in un nuovo Rapporto pubblicato ieri, rivede al rialzo la cifra necessaria a coprire
gli interventi e alla comunità internazionale chiede 252,3 milioni di dollari. Ad
oggi, la carenza segnalata dall’organizzazione è pari a 160,8 milioni di dollari.
L’operazione umanitaria dell'Unicef si concentra sui settori dell'acqua e dell'igiene,
della nutrizione, della salute, dell'istruzione e protezione dell'infanzia. Ha garantito
vaccinazioni contro la polio e il morbillo a circa un milione di bambini. Molto c’è
ancora da fare, ed è possibile aiutare anche online, attraverso il sito dell’organizzazione.
Roberto Salvan, direttore di Unicef-Italia, intervistato da Francesca Sabatinelli:
R. - Sul
terreno i problemi, le necessità e i bisogni sono emersi con tutta la loro durezza
e difficoltà. In queste inondazioni sono stati coinvolti oltre 20 milioni di persone
e almeno il 50 per cento di loro sono bambini e adolescenti. Attraverso questo nuovo
piano dell’intervento, si è anche allungato il periodo e, quindi, lavoreremo fino
al luglio 2011 con le risorse che raccoglieremo in questo periodo.
D.
- Roberto Salvan, purtroppo accanto a questa immane tragedia, che si sta rivelando
sempre più grave di giorno in giorno, c’è stata invece una disattenzione - e questo
lo abbiamo detto fin dall’inizio - e continua ad esserci della comunità internazionale:
forse perché le cifre delle vittime non sono state così importanti sin da subito?
R.
- Probabilmente, questa è la ragione. Ha colpito molto di più lo tsunami e il terremoto
di Haiti, dove la quantità di persone coinvolte era notevolmente inferiore, perché
le vittime sono poche migliaia. Dobbiamo ricordare che questa parte del mondo è abituata
ai monsoni, all’acqua ed era perciò anche abbastanza preparati all’arrivo di queste
piogge battenti e devastanti. Il problema è che un quinto del Pakistan è stato totalmente
sommerso per settimane, alcune aree hanno ancora una forte presenza di acqua, e sono
stati portati via interi raccolti. Il fatto che manchi il cibo - e in previsione mancherà
per almeno 6-10 mesi, proprio perché i raccolti dovranno essere riseminati e dovranno
crescere - dà la dimensione del problema. Un problema di assistenza per 20 milioni
di persone delle quali la comunità internazionale si deve far carico. Il Pakistan
è poi, purtroppo, in un punto "caldo" della realtà mondiale, dove ci sono conflitti
e tensioni di tipo politico e di tipo religioso.
D. - Salvan, quali
sono le cose che più vi preoccupano? Cos’è che avete timore di non riuscire ad arginare?
R.
- Il rischio di infezioni e che ci siano - così come ci sono stati - dei casi di colera,
che possa poi diffondersi per la carenza di igiene. Sono fondamentali la vaccinazione,
la potabilizzazione dell’acqua e l’installazione, nei punti e nei luoghi dove le famiglie
si concentrano, di servizi igienici, perché altrimenti le infezioni rischiano di diventare
un problema grave. Ma soprattutto, è necessario il ritorno alla normalità per i bambini.
Quando si parla di 10 milioni di bambini che, in qualche modo, stanno perdendo la
scuola e non hanno la possibilità di ritornare alla vita normale, questo diventerà
- se non si interverrà rapidamente anche sul terreno educativo - un problema che si
trascinerà poi nel tempo. La protezione e l’istruzione diventeranno fra 3-4 mesi le
priorità dell’Unicef, affinché tutti i bambini possano davvero tornare alle scuole.
Le scuole sono ora usate come rifugio e, quindi, non sono assolutamente funzionanti.
Anche
il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha chiesto nei giorni scorsi
una “risposta urgente” della comunità internazionale per il Pakistan, devastato dalle
alluvioni di luglio. Venerdì l’Onu aveva già lanciato un appello per 2 miliardi di
dollari di aiuti per il Paese asiatico. Tra le organizzazioni impegnate sul campo,
Medici senza frontiere. Debora Donnini ha raggiunto telefonicamente Pierluigi
Testa, capo-missione di Msf in Pakistan:
R. – Penso
che quello che dobbiamo fare adesso è di continuare ad aiutare la struttura sanitaria,
il Ministero della salute pubblica, e quindi tutte queste strutture sanitarie, che
prima erano inondate completamente dall’acqua e che ora hanno bisogno di un supporto
maggiore. Dobbiamo reclutare lo staff anche a livello locale, per poter assicurare
una copertura in ambito sanitario più globale. Adesso, abbiamo in corso un’epidemia
dovuta a malnutrizione. Il nostro progetto gira intorno a 1100 bambini malnutriti,
che sono giornalmente presi a carico dai nostri medici.
D. – Qual è
l’impegno, anche a livello numerico di Medici senza frontiere in Pakistan?
R.
– Noi siamo siamo al livello di un milione di litri di acqua potabile distribuita
al giorno, 60 mila kit distribuiti alle famiglie. Quando parlo di kit si intende sapone,
salviette per potersi asciugare, spazzolini da denti, dei pezzi di plastica per poter
avere un tetto con cui coprirsi, semplici bidoni per poter conservare l’acqua che
noi distribuiamo. Sono queste le esigenze base che noi vediamo, insieme all’acqua
potabile, per evitare contaminazione di malattie diarreiche. Adesso, sempre di più,
stiamo avendo problemi con donne incinte, che stanno venendo da noi perché le strutture
sanitarie non funzionano.