Modena-Carpi-Sassuolo: si è chiuso il Festival della Filosofia sul tema della fortuna
Incertezza, precarietà, imprevedibilità: sono nostri compagni di viaggio esistenziale.
Ce ne siamo accorti in epoca recente, nella “post-modernità”. Tuttavia, non sono un
“male curabile” del nostro tempo, ma una caratteristica dell’essere umano in quanto
tale: occorre imparare a conviverci, dunque, elaborando “strategie”, per trasformare
i rischi in opportunità. Questo il “filo rosso” dei diversi interventi al Festival
della Filosofia a Modena, Carpi e Sassuolo, dedicato quest’anno al tema della Fortuna.
La Rassegna ha chiuso ieri la sua tre giorni, registrando la partecipazione di oltre
150mila persone, in fila, sotto la pioggia, per ascoltare, dalla viva voce, intellettuali
di diverse discipline e fedi; forse, nella speranza di ricevere un “manuale di vita”
per l’età contemporanea. Tra gli ospiti eccellenti di questa edizione: i sociologi
Zygmunt Bauman e Franck Furedi, l’antropologo Marc Augè, il filosofo Jean Luc Nancy,
il paleontologo Niels Eldredge, gli italiani Remo Bodei, Massimo Cacciari, Carlo Galli,
Salvatore Natoli, Emanuele Severino. Con entusiasmo sono stati seguiti i rappresentanti
del mondo cattolico: in particolare, il fondatore e priore della Comunità monastica
di Bose, Enzo Bianchi, e il teologo Piero Coda, preside dell’Istituto universitario
“Sophia” di Loppiano (Fi), da oggi a Vienna per l’incontro della Commissione mista
internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa.
La stessa etimologia di “precarietà” – da prex (preghiera) – richiama la dimensione
religiosa, “la possibilità di ottenere qualcosa con la preghiera”, ha ricordato Bianchi.
“La preghiera stessa è un atto “precario”: può essere esaudita o meno”. La precarietà,
quindi, è tipica dell’essere umano, così come la fede. “Per vivere, abbiamo bisogno
di fidarci di qualcuno a cui affidarci”. Il male del nostro tempo è proprio questa
incapacità di credere e di fidarsi, gli uni degli altri, innanzitutto, e di Dio. E
quest’assenza di fiducia genera confusione, paura, depressione. “Non basta dire che
Dio esiste per essere credenti”, ha affermato Bianchi. “Bisogna ogni giorno fidarsi
dell’altro e affidarsi a Dio, a Gesù, che è credibile e affidabile”. L’incontro con
i cristiani deve generare fiducia e amore per la vita. Gesù “incontra tutti: poveri
e ricchi, stranieri, pagani, giusti e peccatori”, e con tutti “crea uno spazio di
fiducia”. Infatti – ha ben detto Piero Coda – a differenza della dea Fortuna, che
cieca, bendata, distribuisce a casaccio beni e malanni, “Dio vede, guarda, scruta”,
con benevolenza e misericordia, ed “elegge ogni persona in Cristo”, con “un sì assoluto
e incondizionato”. (Da Modena, Emanuela Bambara)