Mons. Cheenath: pochi aiuti per le vittime delle violenze anticristiane in Orissa
La visita nello stato indiano dell’Orissa compiuta dal vicepresidente della “Commissione
Nazionale per le Minoranze Religiose”, H.T. Sangliana, ha suscitato un forte disappunto
fra la comunità cattolica locale che, a due anni dalle violenze anticristiane, esprime
forti preoccupazioni circa la capacità delle autorità indiane di fare fronte ai bisogni
dei sopravvissuti. Sangliana, che ha visitato lo Stato fra il 14 e il 16 settembre,
si è recato anche nel distretto di Kandhamal, epicentro delle violenze compiute da
estremisti indù fra dicembre 2007 e agosto 2008. Sangliana, ricevuto dalle autorità
civili dell’Orssa, ha riferito al Primo Ministro dello stato, Naveen Pattnaik, la
sua soddisfazione per “il buon lavoro di riabilitazione delle vittime, compiuto dal
governo locale”. Sangliana ha negato che i cristiani fuggiti dal distretto di Kandhamal
in seguito alle violenze non possono tornare per le minacce e la paura di nuove violenze,
affermando che si tratta di una loro libera scelta. Di tutt’altra opinione la delegazione
cristiana, guidata dall’arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, mons. Raphael Cheenath,
che ha incontrato il vicepresidente Sangliana esponendogli le preoccupazioni delle
vittime. “Apprendiamo con disappunto che, secondo Sangliana, la situazione a Kandhamal
è normale, non vi sono problemi, e che il governo avrebbe fatto molto per le vittime”,
ha detto mons. Cheenath. La missione di Sangliana in Orissa, ha continuato, non si
differenzia da altre visite che sono state “solo apparenza” e “mere cerimonie”, senza
alcun aiuto sostanziale. Nel memorandum consegnato al vicepresidente – citato dall’agenzia
Fides – la delegazione cristiana, che raccoglieva i leader dell’associazione dei sopravvissuti
alla violenza di Kandhamal ricorda che, fra le vittime della violenza anticristiana,
“il 36% è costituito da giovani sotto i 18 anni, fisicamente e psicologicamente traumatizzati”.
“I bambini – si legge – a due anni dalla violenza, restano spettatori silenziosi,
e sono totalmente esclusi da ogni aiuto”. Per questo la delegazione chiede specifici
programmi e adeguate misure per la riabilitazione dei piccoli, a cominciare dalle
esigenze basilari di alimentazione, sanità, istruzione. Il testo afferma, inoltre,
che “a due anni dalla violenza vi sono luoghi dove la tensione e l’insicurezza è ancora
molto alta, mentre continua la discriminazione operata dai fondamentalisti indù su
base religiosa e su base castale”. Come ricorda la Chiesa locale, fra dicembre 2007
e agosto 2008 nel distretto di Kandhamal, gli estremisti indù hanno ucciso 93 persone,
bruciato e saccheggiato oltre 6.500 case, distrutto oltre 350 chiese e 45 scuole.
Oltre 50mila persone sono fuggite nelle foreste o hanno abbandonato lo Stato, molti
sono ancora nei campi profughi. (M.G.)