Storico discorso alla Westminster Hall: una vera democrazia non emargina la religione
e rispetta la coscienza dei credenti
La questione del giusto posto che il credo religioso mantiene nel processo politico
è stata affrontata dal Papa nel suo attesissimo discorso alla Westminster Hall, dove
ha avuto luogo l’oncontro con gli esponenti della società civile, del mondo accademico,
culturale e imprenditoriale, con il Corpo diplomatico e con i leaders religiosi. A
rivolgere il saluto al Pontefice è stato il presidente della Camera dei Comuni. Benedetto
XVI, nel suo discorso, ha ricordato la figura di San Tommaso Moro, “il grande studioso
e statista inglese, ammirato da credenti e non credenti per l’integrità con cui fu
capace di seguire la propria coscienza, anche a costo di dispiacere al sovrano, di
cui era ‘buon servitore’, poiché aveva scelto di servire Dio per primo”. Il Papa ha
svolto la sua meditazione proprio sul dilemma con cui Tommaso Moro si confrontava,
in quei tempi difficili: la perenne questione del rapporto tra ciò che è dovuto a
Cesare e ciò che è dovuto a Dio. “In verità – ha detto - le questioni di fondo che
furono in gioco nel processo contro Tommaso Moro continuano a presentarsi, in termini
sempre nuovi, con il mutare delle condizioni sociali”. “In tale contesto – ha proseguito
- non posso che esprimere la mia preoccupazione di fronte alla crescente marginalizzazione
della religione, in particolare del Cristianesimo, che sta prendendo piede in alcuni
ambienti, anche in nazioni che attribuiscono alla tolleranza un grande valore. Vi
sono alcuni che sostengono che la voce della religione andrebbe messa a tacere, o
tutt’al più relegata alla sfera puramente privata. Vi sono alcuni – ha aggiunto -
che sostengono che la celebrazione pubblica di festività come il Natale andrebbe scoraggiata,
secondo la discutibile convinzione che essa potrebbe in qualche modo offendere coloro
che appartengono ad altre religioni o a nessuna. E vi sono altri ancora che – paradossalmente
con lo scopo di eliminare le discriminazioni – ritengono che i cristiani che rivestono
cariche pubbliche dovrebbero, in determinati casi, agire contro la propria coscienza.
Questi – ha detto - sono segni preoccupanti dell’incapacità di tenere nel giusto conto
non solo i diritti dei credenti alla libertà di coscienza e di religione, ma anche
il ruolo legittimo della religione nella sfera pubblica. Vorrei pertanto invitare
tutti voi, ciascuno nelle rispettive sfere di influenza, a cercare vie per promuovere
ed incoraggiare il dialogo tra fede e ragione ad ogni livello della vita nazionale”.
Poi parlando della necessaria collaborazione tra Stato e comunità religiose ha affermato:
“Affinché questa cooperazione sia possibile, le istituzioni religiose, comprese quelle
legate alla Chiesa cattolica, devono essere libere di agire in accordo con i propri
principi e le proprie specifiche convinzioni, basate sulla fede e sull’insegnamento
ufficiale della Chiesa. In questo modo potranno essere garantiti quei diritti fondamentali,
quali la libertà religiosa, la libertà di coscienza e la libertà di associazione”.
Ecco il testo integrale del discorso del Papa:
Signor Presidente,
La
ringrazio per le parole di benvenuto che mi ha rivolto a nome di questa distinta assemblea.
Nel rivolgermi a voi, sono consapevole del privilegio che mi è concesso di parlare
al popolo britannico ed ai suoi rappresentanti nella Westminster Hall, un edificio
che ha un significato unico nella storia civile e politica degli abitanti di queste
Isole. Permettetemi di manifestare la mia stima per il Parlamento, che da secoli ha
sede in questo luogo e che ha avuto un’influenza così profonda sullo sviluppo di forme
di governo partecipative nel mondo, specialmente nel Commonwealth e più in generale
nei Paesi di lingua inglese. La vostra tradizione di “common law” costituisce la base
del sistema legale in molte nazioni, e la vostra particolare visione dei rispettivi
diritti e doveri dello stato e del singolo cittadino, e della separazione dei poteri,
rimane come fonte di ispirazione per molti nel mondo.
Mentre parlo a
voi in questo luogo storico, penso agli innumerevoli uomini e donne che lungo i secoli
hanno svolto la loro parte in importanti eventi che hanno avuto luogo tra queste mura
e hanno segnato la vita di molte generazione di britannici e di altri popoli. In particolare,
vorrei ricordare la figura di San Tommaso Moro, il grande studioso e statista inglese,
ammirato da credenti e non credenti per l’integrità con cui fu capace di seguire la
propria coscienza, anche a costo di dispiacere al sovrano, di cui era “buon servitore”,
poiché aveva scelto di servire Dio per primo. Il dilemma con cui Tommaso Moro si confrontava,
in quei tempi difficili, la perenne questione del rapporto tra ciò che è dovuto a
Cesare e ciò che è dovuto a Dio, mi offre l’opportunità di riflettere brevemente con
voi sul giusto posto che il credo religioso mantiene nel processo politico.
La
tradizione parlamentare di questo Paese deve molto al senso istintivo di moderazione
presente nella Nazione, al desiderio di raggiungere un giusto equilibrio tra le legittime
esigenze del potere dello stato e i diritti di coloro che gli sono soggetti. Se da
un lato, nella vostra storia, sono stati compiuti a più riprese dei passi decisivi
per porre dei limiti all’esercizio del potere, dall’altro le istituzioni politiche
della nazione sono state in grado di evolvere all’interno di un notevole grado di
stabilità. In tale processo storico, la Gran Bretagna è emersa come una democrazia
pluralista, che attribuisce un grande valore alla libertà di espressione, alla libertà
di affiliazione politica e al rispetto dello stato di diritto, con un forte senso
dei diritti e doveri dei singoli, e dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte
alla legge. La dottrina sociale cattolica, pur formulata in un linguaggio diverso,
ha molto in comune con un tale approccio, se si considera la sua fondamentale preoccupazione
per la salvaguardia della dignità di ogni singola persona, creata ad immagine e somiglianza
di Dio, e la sua sottolineatura del dovere delle autorità civili di promuovere il
bene comune.
E, in verità, le questioni di fondo che furono in gioco
nel processo contro Tommaso Moro continuano a presentarsi, in termini sempre nuovi,
con il mutare delle condizioni sociali. Ogni generazione, mentre cerca di promuovere
il bene comune, deve chiedersi sempre di nuovo: quali sono le esigenze che i governi
possono ragionevolmente imporre ai propri cittadini, e fin dove esse possono estendersi?
A quale autorità ci si può appellare per risolvere i dilemmi morali? Queste questioni
ci portano direttamente ai fondamenti etici del discorso civile. Se i principi morali
che sostengono il processo democratico non si fondano, a loro volta, su nient’altro
di più solido che sul consenso sociale, allora la fragilità del processo si mostra
in tutta la sua evidenza. Qui si trova la reale sfida per la democrazia.
L’inadeguatezza
di soluzioni pragmatiche, di breve termine, ai complessi problemi sociali ed etici
è stata messa in tutta evidenza dalla recente crisi finanziaria globale. Vi è un vasto
consenso sul fatto che la mancanza di un solido fondamento etico dell’attività economica
abbia contribuito a creare la situazione di grave difficoltà nella quale si trovano
ora milioni di persone nel mondo. Così come “ogni decisione economica ha una conseguenza
di carattere morale” (Caritas in Veritate, 37), analogamente, nel campo politico,
la dimensione morale delle politiche attuate ha conseguenze di vasto raggio, che nessun
governo può permettersi di ignorare. Una positiva esemplificazione di ciò si può trovare
in una delle conquiste particolarmente rimarchevoli del Parlamento britannico: l’abolizione
del commercio degli schiavi. La campagna che portò a questa legislazione epocale,
si basò su principi morali solidi, fondati sulla legge naturale, e ha costituito un
contributo alla civilizzazione di cui questa nazione può essere giustamente orgogliosa.
La
questione centrale in gioco, dunque, è la seguente: dove può essere trovato il fondamento
etico per le scelte politiche? La tradizione cattolica sostiene che le norme obiettive
che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto
della rivelazione. Secondo questa comprensione, il ruolo della religione nel dibattito
politico non è tanto quello di fornire tali norme, come se esse non potessero esser
conosciute dai non credenti – ancora meno è quello di proporre soluzioni politiche
concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione – bensì
piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione
nella scoperta dei principi morali oggettivi. Questo ruolo “correttivo” della religione
nei confronti della ragione, tuttavia, non è sempre bene accolto, in parte poiché
delle forme distorte di religione, come il settarismo e il fondamentalismo, possono
mostrarsi esse stesse causa di seri problemi sociali. E, a loro volta, queste distorsioni
della religione emergono quando viene data una non sufficiente attenzione al ruolo
purificatore e strutturante della ragione all’interno della religione. È un processo
che funziona nel doppio senso. Senza il correttivo fornito dalla religione, infatti,
anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata
dall’ideologia, o applicata in un modo parziale, che non tiene conto pienamente della
dignità della persona umana. Fu questo uso distorto della ragione, in fin dei conti,
che diede origine al commercio degli schiavi e poi a molti altri mali sociali, non
da ultimo le ideologie totalitarie del ventesimo secolo. Per questo vorrei suggerire
che il mondo della ragione ed il mondo della fede – il mondo della secolarità razionale
e il mondo del credo religioso – hanno bisogno l’uno dell’altro e non dovrebbero avere
timore di entrare in un profondo e continuo dialogo, per il bene della nostra civiltà.
La
religione, in altre parole, per i legislatori non è un problema da risolvere, ma un
fattore che contribuisce in modo vitale al dibattito pubblico nella nazione. In tale
contesto, non posso che esprimere la mia preoccupazione di fronte alla crescente marginalizzazione
della religione, in particolare del Cristianesimo, che sta prendendo piede in alcuni
ambienti, anche in nazioni che attribuiscono alla tolleranza un grande valore. Vi
sono alcuni che sostengono che la voce della religione andrebbe messa a tacere, o
tutt’al più relegata alla sfera puramente privata. Vi sono alcuni che sostengono che
la celebrazione pubblica di festività come il Natale andrebbe scoraggiata, secondo
la discutibile convinzione che essa potrebbe in qualche modo offendere coloro che
appartengono ad altre religioni o a nessuna. E vi sono altri ancora che – paradossalmente
con lo scopo di eliminare le discriminazioni – ritengono che i cristiani che rivestono
cariche pubbliche dovrebbero, in determinati casi, agire contro la propria coscienza.
Questi sono segni preoccupanti dell’incapacità di tenere nel giusto conto non solo
i diritti dei credenti alla libertà di coscienza e di religione, ma anche il ruolo
legittimo della religione nella sfera pubblica. Vorrei pertanto invitare tutti voi,
ciascuno nelle rispettive sfere di influenza, a cercare vie per promuovere ed incoraggiare
il dialogo tra fede e ragione ad ogni livello della vita nazionale.
La
vostra disponibilità in questo senso si è già manifestata nell’invito senza precedenti
che mi avete rivolto oggi, e trova espressione in quei settori di interesse nei quali
il vostro Governo si è impegnato insieme alla Santa Sede. Nel campo della pace, vi
sono stati degli scambi circa l’elaborazione di un trattato internazionale sul commercio
di armi; circa i diritti umani, la Santa Sede ed il Regno Unito hanno visto positivamente
il diffondersi della democrazia, specialmente negli ultimi 65 anni; nel campo dello
sviluppo, vi è stata collaborazione nella remissione del debito, nel commercio equo
e nel finanziamento allo sviluppo, in particolare attraverso la “International Finance
Facility”, l’”International Immunization Bond” e l’”Advanced Market Commitment”. La
Santa Sede è inoltre desiderosa di ricercare, con il Regno Unito, nuove strade per
promuovere la responsabilità ambientale, a beneficio di tutti.
Noto
inoltre che l’attuale Governo si è impegnato a devolvere entro il 2013 lo 0,7% del
Reddito nazionale in favore degli aiuti allo sviluppo. È stato incoraggiante, negli
ultimi anni, notare i segni positivi di una crescita della solidarietà verso i poveri
che riguarda tutto il mondo. Ma per tradurre questa solidarietà in azione effettiva
c’è bisogno di idee nuove, che migliorino le condizioni di vita in aree importanti
quali la produzione del cibo, la pulizia dell’acqua, la creazione di posti di lavoro,
la formazione, l’aiuto alle famiglie, specialmente dei migranti, e i servizi sanitari
di base. Quando è in gioco la vita umana, il tempo si fa sempre breve: in verità,
il mondo è stato testimone delle vaste risorse che i governi sono in grado di raccogliere
per salvare istituzioni finanziarie ritenute “troppo grandi per fallire”. Certamente
lo sviluppo integrale dei popoli della terra non è meno importante: è un’impresa degna
dell’attenzione del mondo, veramente “troppo grande per fallire”. Questo
sguardo generale alla cooperazione recente tra Regno Unito e Santa Sede mostra bene
quanto progresso sia stato fatto negli anni trascorsi dallo stabilimento di relazioni
diplomatiche bilaterali, in favore della promozione nel mondo dei molti valori di
fondo che condividiamo. Spero e prego che questa relazione continuerà a portare frutto
e che si rifletterà in una crescente accettazione della necessità di dialogo e rispetto,
a tutti i livelli della società, tra il mondo della ragione ed il mondo della fede.
Sono certo che anche in questo Paese vi sono molti campi in cui la Chiesa e le pubbliche
autorità possono lavorare insieme per il bene dei cittadini, in armonia con la storica
pratica di questo Parlamento di invocare la guida dello Spirito su quanti cercano
di migliorare le condizioni di vita di tutto il genere umano. Affinché questa cooperazione
sia possibile, le istituzioni religiose, comprese quelle legate alla Chiesa cattolica,
devono essere libere di agire in accordo con i propri principi e le proprie specifiche
convinzioni, basate sulla fede e sull’insegnamento ufficiale della Chiesa. In questo
modo potranno essere garantiti quei diritti fondamentali, quali la libertà religiosa,
la libertà di coscienza e la libertà di associazione. Gli angeli che ci guardano dalla
magnifica volta di questa antica Sala ci ricordano la lunga tradizione da cui il Parlamento
britannico si è sviluppato. Essi ci ricordano che Dio vigila costantemente su di noi,
per guidarci e proteggerci. Ed essi ci chiamano a riconoscere il contributo vitale
che il credo religioso ha reso e può continuare a rendere alla vita della nazione.
Signor
Presidente, La ringrazio ancora per questa opportunità di rivolgermi brevemente a
questo distinto uditorio. Mi permetta di assicurare a Lei e al Signor Presidente della
Camera dei Lords i miei auguri e la mia costante preghiera per Voi e per il fruttuoso
lavoro di entrambe le Camere di questo antico Parlamento. Grazie, e Dio vi benedica
tutti!