La celebrazione ecumenica. Il Papa: restare fedeli alla Parola di Dio senza cedere
al conformismo
A chiudere la seconda giornata del viaggio pontificio nel Regno Unito è stata la celebrazione
ecumenica alla Abbazia di Westminster dove il Papa ha implorato nuovamente il dono
dell’unità tra i cristiani. “Dobbiamo rendere grazie – ha detto il Pontefice - per
i notevoli progressi compiuti verso questo nobile obiettivo tramite gli sforzi di
cristiani impegnati di ogni confessione. Nel medesimo tempo, tuttavia, rimaniamo consapevoli
che molto ancora rimane da fare. In un mondo segnato da una crescente interdipendenza
e solidarietà, siamo sfidati a proclamare con rinnovata convinzione la realtà della
nostra riconciliazione e liberazione in Cristo e a proporre la verità del Vangelo
come la chiave di un autentico ed integrale sviluppo umano. In una società che è divenuta
sempre più indifferente e persino ostile al messaggio cristiano – ha sottolineato
- noi tutti siamo ancor più chiamati a dare una gioiosa e convincente testimonianza
della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15), e a presentare il Signore Risorto come
la risposta alle più profonde domande e aspirazioni spirituali degli uomini e delle
donne del nostro tempo”. Quindi ha aggiunto: “Con evangelico realismo, dobbiamo anche
riconoscere le sfide che ci stanno davanti, non solamente sulla via dell’unità dei
cristiani, ma anche nel nostro impegno di proclamare Cristo ai nostri giorni. La fedeltà
alla parola di Dio, proprio perché è una parola vera, ci chiede una obbedienza che
ci conduca insieme verso una più profonda comprensione della volontà del Signore,
una obbedienza che deve essere libera dal conformismo intellettuale o dal facile adattamento
allo spirito del tempo. Questa è la parola di incoraggiamento che desidero lasciarvi
questa sera, e lo faccio in fedeltà al mio ministero di Vescovo di Roma e Successore
di San Pietro, incaricato di una cura particolare per l’unità del gregge di Cristo”.
Ecco il testo integrale del discorso del Papa:
Cari amici in Cristo,
ringrazio il Signore per questa opportunità di unirmi a voi, rappresentanti delle
confessioni cristiane presenti in Gran Bretagna, in questa magnifica Abbazia dedicata
a San Pietro, la cui architettura e la cui storia parlano in maniera tanto eloquente
della nostra comune eredità di fede. In questo luogo non possiamo non essere richiamati
a come la fede cristiana abbia plasmato in modo così profondo l’unità e la cultura
dell’Europa ed il cuore e lo spirito del popolo inglese. Qui, inoltre, siamo necessariamente
richiamati al fatto che ciò che noi condividiamo in Cristo è più grande di ciò che
continua a dividerci.
Sono grato a Sua Grazia l’Arcivescovo di Canterbury
per il suo gentile saluto, così come al Decano e al Capitolo di questa venerabile
Abbazia per il loro cordiale benvenuto. Ringrazio il Signore per avermi concesso,
quale successore di san Pietro nella Sede di Roma, di compiere questo pellegrinaggio
alla tomba di Sant’Edoardo il Confessore. Edoardo, re d’Inghilterra, rimane un modello
di testimonianza cristiana ed un esempio di quella vera grandezza alla quale il Signore
nelle Scritture chiama i suoi discepoli, come abbiamo appena ascoltato: la grandezza
di un’umiltà e di un’obbedienza fondate sullo stesso esempio di Cristo (cfr Fil 2,6-8),
la grandezza di una fedeltà che non esita ad abbracciare il mistero della Croce a
motivo dell’amore per il divino Maestro e della sicura speranza nelle sue promesse
(cfr Mc 10,43-44).
Quest’anno, come sappiamo, ricorre il centenario
del movimento ecumenico moderno, che iniziò con l’appello della Conferenza di Edimburgo
in favore dell’unità dei cristiani, come requisito previo per una credibile e convincente
testimonianza del vangelo nel nostro tempo. Commemorando questo anniversario dobbiamo
rendere grazie per i notevoli progressi compiuti verso questo nobile obiettivo tramite
gli sforzi di cristiani impegnati di ogni confessione. Nel medesimo tempo, tuttavia,
rimaniamo consapevoli che molto ancora rimane da fare. In un mondo segnato da una
crescente interdipendenza e solidarietà, siamo sfidati a proclamare con rinnovata
convinzione la realtà della nostra riconciliazione e liberazione in Cristo e a proporre
la verità del Vangelo come la chiave di un autentico ed integrale sviluppo umano.
In una società che è divenuta sempre più indifferente e persino ostile al messaggio
cristiano, noi tutti siamo ancor più chiamati a dare una gioiosa e convincente testimonianza
della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15), e a presentare il Signore Risorto come
la risposta alle più profonde domande e aspirazioni spirituali degli uomini e delle
donne del nostro tempo.
Mentre entravamo in processione nel presbiterio,
all’inizio di questa celebrazione, il coro ha cantato che Cristo è il nostro “sicuro
fondamento”. Egli è l’Eterno Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, incarnato,
come afferma il Credo, “per noi uomini e per la nostra salvezza”. Lui solo ha parole
di vita eterna. In lui, come insegna l’Apostolo, “tutte le cose sussistono” … “poiché
è piaciuto a Dio che abiti in lui tutta la pienezza” (Col 1,17.19).
Il
nostro impegno per l’unità dei cristiani non ha altro fondamento che la nostra fede
in Cristo, in questo Cristo, risorto da morte e assiso alla destra del Padre, che
tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti. È la realtà della persona di
Cristo, la sua opera salvifica e soprattutto il fatto storico della sua risurrezione,
che è il contenuto del kerygma apostolico e di quelle formule di fede che, a partire
dal Nuovo Testamento stesso, hanno garantito l’integrità della sua trasmissione. L’unità
della Chiesa, in una parola, non può mai essere altro che una unità nella fede apostolica,
nella fede consegnata nel rito del Battesimo ad ogni nuovo membro del Corpo di Cristo.
E’ questa fede che ci unisce al Signore, che ci fa partecipi del suo Santo Spirito
e perciò, anche adesso, partecipi della vita della Santissima Trinità, il modello
della koinonia della Chiesa qui sulla terra.
Cari amici, siamo tutti
consapevoli delle sfide e delle benedizioni, delle delusioni e dei segni di speranza
che hanno contraddistinto il nostro cammino ecumenico. Questa sera li affidiamo al
Signore, fiduciosi nella sua provvidenza e nel potere della sua grazia. Sappiamo che
la fraternità costruita, il dialogo iniziato e la speranza che ci guida, ci daranno
la forza e indicheranno la direzione, mentre perseveriamo nel nostro cammino comune.
Allo stesso tempo, con evangelico realismo, dobbiamo anche riconoscere le sfide che
ci stanno davanti, non solamente sulla via dell’unità dei cristiani, ma anche nel
nostro impegno di proclamare Cristo ai nostri giorni. La fedeltà alla parola di Dio,
proprio perché è una parola vera, ci chiede una obbedienza che ci conduca insieme
verso una più profonda comprensione della volontà del Signore, una obbedienza che
deve essere libera dal conformismo intellettuale o dal facile adattamento allo spirito
del tempo. Questa è la parola di incoraggiamento che desidero lasciarvi questa sera,
e lo faccio in fedeltà al mio ministero di Vescovo di Roma e Successore di San Pietro,
incaricato di una cura particolare per l’unità del gregge di Cristo.
Riuniti
in questa antica chiesa monastica, possiamo richiamare l’esempio di un grande Inglese
e uomo di chiesa che onoriamo insieme: san Beda il Venerabile. All’alba
della nuova era nella vita della società e della Chiesa, Beda comprese sia l’importanza
della fedeltà alla parola di Dio come trasmessa dalla tradizione apostolica, sia la
necessità di un’apertura creativa ai nuovi sviluppi e alle esigenze di un adeguato
radicamento del Vangelo nel linguaggio e nella cultura del suo tempo.
Questa
nazione, e l’Europa che Beda e i suoi contemporanei hanno contribuito ad edificare,
ancora una volta si trova alle soglie di una nuova epoca. Possa l’esempio di san Beda
ispirare i cristiani di queste terre a riscoprire la loro comune eredità, a consolidare
quello che hanno in comune e a continuare nel loro impegno per crescere in fraternità.
Che il Signore Risorto rafforzi i nostri sforzi per riparare le divisioni del passato
ed affrontare le sfide del presente con speranza verso il futuro che, Egli, nella
sua provvidenza, riserva a noi e al nostro mondo. Amen.