Fame nel mondo: scandalo anche del Terzo millennio
“La fame resta lo scandalo e la tragedia di più vaste proporzioni al mondo”. È l’allarme
lanciato ieri dal direttore generale della Fao, Jacques Diouf, che ha presentato un’anticipazione
dell’ultimo rapporto dell’agenzia Onu sullo stato dell’insicurezza alimentare. Secondo
il documento, sono 925 milioni le persone che soffrono la fame cronica nel mondo,
nonostante nel 2010 ci sia stato un calo rispetto allo scorso anno pari a 98 milioni.
Per un commento su questi, Linda Giannattasio ha intervistato Luca Russo,
economista Fao ed esperto di sicurezza alimentare:
R. – C’è
sicuramente da registrare un progresso rispetto ad un anno fa, dove il numero di affamati
aveva superato il miliardo. Quest’anno, appunto, le stime sono sui 925 milioni. Sono
allarmanti se si pensa, come dice il nostro direttore generale, che ogni sei secondi
nel mondo un bambino muore per cause legate alla malnutrizione. I numeri sono allarmanti.
C’è un miglioramento, ma siamo ben lontani dal raggiungere quelli che sono gli obiettivi
del Millennio.
D. – Le stime sembrano allontanare sempre di più il raggiungimento
di quegli obiettivi internazionali, posti dall’Onu. Siamo anche alla vigilia del vertice
delle Nazioni Unite su questo tema...
R. – Nel 1990-92, globalmente,
circa il 20 per cento delle persone si considerava soffrissero di problemi legati
alla fame. Attualmente siamo al 16 per cento. Quindi, non siamo arrivati al 10 per
cento, che era l’obiettivo prefissato. E’ abbastanza difficile che si possa arrivare
entro il 2015. Detto questo è anche vero che in molti Paesi questi obiettivi sono
già stati raggiunti. E questo, secondo me, dovrebbe essere un po’ la base di partenza
per vedere la cosa in positivo. Vuol dire che la fame si può combattere.
D.
– Qual è la chiave nei Paesi in cui questi obiettivi sono stati raggiunti?
R.
– Un primo fattore importante sono le politiche redistributive all’interno di un Paese:
più ci sono grosse differenze di tipo economico in un Paese, più è alto il numero
degli affamati. L’altra cosa sono gli investimenti, investimenti soprattutto nel settore
agricolo. I Paesi, per esempio, africani, che hanno ottenuto degli ottimi risultati,
come il Mali, il Ghana, e così via, sono Paesi che sono conosciuti per avere investito
soprattutto nel settore agricolo una cifra importante del denaro pubblico.
D.
– Il fatto che ci sia ancora quasi un miliardo di persone che soffre la fame nel mondo
– si legge nel Rapporto – nonostante la crisi economica sia in fase di superamento,
rivela un problema di tipo strutturale di fondo...
R. – Ogni volta che
c’è una crisi, la crisi passa e c’è un cosiddetto miglioramento, però si è sempre
a livelli che sono più alti di quanto erano alcuni anni fa. Per esempio adesso siamo
scesi a 925 milioni, che potrebbe sembrare un miglioramento, ma fino a qualche anno
fa si parlava di circa 800 milioni. Quindi, i problemi strutturali rimangono e sono
enormi e richiedono degli sforzi a tutti i livelli: sia a livello internazionale che
a livello di Paesi. A livello internazionale comunque servirebbe che la comunità internazionale
si impegnasse sul lungo periodo e non soltanto durante eventi speciali, perché si
tratta di problemi strutturali che non possono essere risolti con un’ottica emergenziale,
e poi, da parte dei donatori, di impegni seri. Molto spesso vengono dichiarate delle
cifre, degli impegni economici, che poi non vengono rispettati o alcuni di questi
impegni, in realtà, sono vecchi impegni presentati sotto una nuova etichetta.