Dibattito al Parlamento Europeo sulla Caritas in veritate di Benedetto XVI
L’Enciclica del Papa discussa al Parlamento Europeo. E’ quanto è accaduto ieri. A
Bruxelles, infatti, si è svolta la conferenza, organizzata dal Gruppo Popolare Europeo,
dal titolo “Caritas in veritate, dalla prospettiva della Politica, dell'Economia e
della Teologia”. Fausta Speranza ha chiesto a Mario Mauro, capogruppo
del Pdl a Strasburgo, che cosa sia emerso dal dibattito:
R. – Innanzitutto
è emerso che la “Caritas in veritate” è un’enciclica politica. Mi spiego: l’incipit
della “Caritas in veritate” recita che la carità nella verità è un formidabile strumento
di promozione della persona umana. Dunque, se teniamo a mente quanto diceva nella
“Populorum Progressio” Paolo VI, e cioè che la politica è la più alta forma di carità,
potremmo leggere l’Enciclica in questa particolare chiave, e cioè: la politica nella
verità è uno strumento formidabile di promozione della persona umana. E dico questo
perché non c’è pagina dell’Enciclica che, in qualche modo, non sia un giudizio su
come facciamo politica e su come il fare politica possa tramutarsi nello strumento
più adeguato per la realizzazione del bene comune.
D. – Se, dunque,
la carità cristiana non si qualifica come un atteggiamento sentimentale ma come una
proposta di umanizzazione delle relazioni sociali, diventa evidente che lo sviluppo
o è umano o non è sviluppo: è così?
R. – Questo non solo è vero, ma
è drammaticamente vero. Faccio degli esempi, perché è bene entrare nel concreto. E’
vero che abbiamo fatto una riflessione antropologica e filosofica, ma ne abbiamo fatta
anche una economica e sociale. E proprio per essere concreti, val la pena ricordare
che tra i grandi pericoli che minacciano l’uomo contemporaneo un formidabile attacco
in chiave sia antropologica che sociale ed economica viene alla persona umana dal
relativismo. E’ qualcosa che considero al pari dei fondamentalismi ideologici, cioè
di quelle ideologie che nel Novecento hanno preso la forma di mostruosità fatte in
nome del popolo (penso ai comunismi e ai fascismi e ai nazismi) e che, sul finire
del secolo, si sono ammantate di tensione religiosa (penso al fondamentalismo islamico
che prende Dio come pretesto per un progetto di potere ma anche penso alla tecno-scienza,
in cui è l’uomo che si fa Dio per dettare la propria legge alla realtà). Tornando
al relativismo, voglio spiegare che non intendo che l’atteggiamento razionale del
relativizzare rappresenti un pericolo tout-court per l’uomo ma è pericoloso quello
che accade quando il relativismo diventa ideologia. I numeri del relativismo sono
impressionanti: un aborto ogni 27 secondi nella nostra società europea; 10 milioni
di divorzi che pesano su 15 milioni di figli e una popolazione oltremodo vecchia che
fa sì che un Paese solo come la Turchia, o come l’Egitto, abbia più della metà dei
giovani dell’Unione Europea… Questi sono i numeri del relativismo, cioè di una concezione
in cui si è persa la speranza di costruire: non c’è nulla per cui valga la pena vivere,
non c’è una verità per cui impegnarsi e questo ha come conseguenza che ad una generazione
mancano le ragioni per metter su casa, metter su famiglia, mettere al mondo dei figli
… La società si irrigidisce e declina, e questo è forse il giudizio più importante
che sentiamo venire dall’Enciclica.
D. – Onorevole Mario Mauro, che
significa portare un’Enciclica del Papa nell’emiciclo del Parlamento europeo?
R.
– Significa sfidare, appunto, una mentalità invecchiata in cui si è fatta moda e mentalità
dominante una concezione del potere che pensa di poter fare a meno dell’uomo. Io credo
che questa iniziativa abbia dato a noi molto coraggio: ci siamo accorti che le cose
di cui parla il Papa sono le cose di cui non solo in astratto il mondo contemporaneo
ha bisogno, ma di cui hanno bisogno anche le nostre istituzioni che – non dimentichiamolo
– sono nate per un patto che vuole garantire pace e sviluppo. Allora, chi nasce con
questa origine non può non riconoscere nelle parole del Papa una proposta onesta e
imponente di un percorso di bene per l’umanità intera.
D. – In particolare
che cosa significa aver letto la “Caritas in veritate” nell’Anno europeo contro la
povertà? Dal punto di vista concreto, significa un impulso in più?
R.
– Certo, perché la nostra strategia sulla povertà è una strategia di sviluppo che
passa attraverso non semplicemente un’iniziativa di condivisione di risorse maggiori
che vengono dai Paesi più ricchi, ma passa attraverso la promozione della persona.
E’ la persona che diventa protagonista: del proprio tempo, del proprio Paese che
magari è martoriato dalle difficoltà economiche ma in cui, grazie all’educazione in
cui la fede ha un ruolo rilevante, c’è la forza di affrontare i problemi e di venirne
a capo.