l Lunedì 13 09 2010.
Benedetto XVI: "Gesù narra le tre Parabole della misericordia quando
Egli parla del pastore che va dietro alla pecorella smarrita, della donna che cerca
la dracma, del padre che va incontro al figliol prodigo e lo abbraccia. Queste non
sono soltanto PAROLE ma costituiscono la spiegazione del suo stesso essere ed operare".
Le parole di Gesù nei vangeli -come ha detto ieri Benedetto XVI durante l'Angelus-
non sono soltanto parole, ma sono una spiegazione di una vita intera, anzi della esistenza
stessa di Gesù. E noi quest'oggi partiamo dalle parole del Papa, come sempre. Che
significato e che peso hanno acquistato le parole oggi, nell'era della comuicazione?
Padre Antonio Spadaro sulla Civiltà cattolica spiega come è cambiata la scrittura
della parole grazie a internet, a Twitter e agli SMS. E c'è una nuova parola che sta
entrando non solo nel nostro lessico, ma anche nella nostra società: co-housing. Lo
spiega su Aggiornamenti sociali Emanuele Fantini, dell'università di Torino.
E resteranno (si spera) impresse nella memoria degli appassionati di cinema le parole
di uno dei giurati italiani del festival del cinema di Venezia, Gabriele Salvatores
riguardo alla difficoltà di farsi comprendere e di convincere dei film italiani. L'italia
è un paese vecchio, che ha perso lo smalto degli anni '60. E poi ancora, le "Sole
tre parole" che canta una sua famosa canzone Vittorio De Sica, e le parole
che sono scritte sui volti delle persone e riscoperte da Tullio Pericoli, che
espone fino al 26 settembre a Roma, all'Ara pacis, gli ultimi suoi olii dedicati appunto
ai "paesaggi dei volti umani". Se è vero che le parole servono a spiegare, troppe
parole non aiutano anzi si rivelano controproducenti alla comunicazione. Lo illustra
chiaramente, e ironicamente, Rodolfo Tonino, in arte Rodolfo De Angelis, con
il suo Sport delle parole, che vi offriamo come piccola sorpresa in una registrazione
della sua performance degli anni '40. E se usare troppe parole allora diventa una
non comunicazione, parlare diventa allora uno sforzo nuovo. Parlare, usre le parole,
per dare spazio a chi ascolta. E' un mezzo paradossale ma solo all'apparenza di comunicare.
Scegliere le parole, fare uno sforzo per sapere cosa dire e taglilare il sovrappiù,
far posto alla voce e alle parole di qualcun altro, far tacere se stessi per fare
spazio a quella voce interiore che è poi quella voce capace di farci fare passi avanti.
E poi, ancora, le parole servono per riferire i fatti, come fa Alesandra Petitta nel
suo servizio sui bambini in carcere, figli delle detenute.