Trionfa l'effimero alla Mostra di Venezia, umiliati gli sforzi di alta cultura
Verdetto sorprendente e discutibile quello della Giuria alla Mostra del Cinema di
Venezia: vince Sofia Coppola con “Somewhere”mentre riconoscimenti sono stati assegnati
a pellicole decisamente meno meritevoli rispetto a altre proiettate in concorso e
apprezzate unanimemente dal pubblico e dalla critica. Il servizio di Luca Pellegrini.
Dinanzi
al bislacco e imprevedibile responso della Giuria presieduta dall’estroso Quentin
Tarantino, ci si chiede quali logiche sorreggano solitamente il lavoro di una equipe
chiamata a giudicare stili e contenuti di film radunati in una Mostra così prestigiosa
come quella veneziana, che esce a dir poco avvilita dai recenti premi. Sembrano sovvertiti
i criteri di giudizio, l’effimero trionfa e risultano umiliati sforzi alti di cultura,
arte e introspezione, sforzi anche a dir poco coraggiosi e controcorrente, travolti
dalle furbizie di registi fiacchi, insipidi e insipienti. Dinanzi alle denuncie morali
e raggelanti del cinese Wang Bing e del cileno Pablo Larrain, che dissezionano un
momento terribile della loro recente storia nazionale, alla grande ricostruzione e
revisione storica compiuta da Mario Martone su un tratto saliente e costitutivo di
quella italiana come è il Risorgimento, alla deliziose e perfette commedie sociali
di Ozon e Mazzacurati, all’estroversa originalità di Celestini e dei suoi matti, alle
profondissime e silenziose meditazioni sulla morte e la perdita di identità di Aleksei
Fedorchenko, alla controcorrente ricostruzione western di Kelly Reichardt che, guardando
il passato lancia un grido d’allarme sulle frontiere dell’oggi, e alle mirabolanti
gesta cinesi e giapponesi di Tsu Hark e Miike Takashi, sono stati preferiti i pagliacci
storpiati e sanguinolenti della “Balada Triste” di de la Iglesia – uno dei più brutti
e sconnessi film passati alla Mostra e non solo – “Essential Killing” di Skolimowsky,
che non crea alcun tipo di empatia con il suo brutale personaggio, pur vittima di
un episodio di incivile violenza fisica e psicologica. Infine, Leone d’oro al nulla
esistenziale di Sofia Coppola, completamente priva di originalità e di consistenza.
A ben guardare, la maturità di altre giurie, comprese quelle cattoliche, fanno riflettere
sul presente e il futuro del cinema, di chi lo produce e di chi lo deve, appunto,
pur sempre giudicare continuando il gioco di così alte kermesse internazionali.