Perù: i vescovi chiamano al dialogo in difesa della vita e dei diritti umani
I vescovi del Perù con una dichiarazione intitolata "Il diritto fondamentale alla
vita è anteriore a qualsiasi altro diritto", firmata dal presidente dell'episcopato,
mons. Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujilo e mons. Pedro Barreto Jimeno,
arcivescovo di Huancayo, presidente della commissione per l'Azione sociale, intervengono
nel dibattito in corso nel Paese in merito a due dei quattro decreti (1094 e 1097)
che, dal primo settembre scorso, hanno introdotto sostanziali modifiche alle leggi
sulla protezione dei diritti umani e la difesa della vita. La polemica è rovente,
specie da parte delle organizzazioni umanitarie, da parte dei parenti delle vittime
della violenza paramilitare e da associazioni come Amnesty International: "Una truffa
per un'amnistia mascherata dai militari condannati per violazione dei diritti umani,
tra cui quelli dell'Intelligence durante il governo Fujimori (il cosiddetto "Grupo
Colina")”, dicono alcuni, mentre altri affermano che il Perù si "è messo fuori dalla
comunità e dal diritto internazionali". Il decreto che suscita maggiori polemiche
è il numero 1097, secondo il quale, in caso di accuse di violazione dei diritti umani,
stabilisce che se non c'è sentenza entro 36 mesi il processo va chiuso e archiviato.
L'altro dispositivo fortemente contestato è quello che fa decorrere l’impossibilità
di attribuire i crimini contro l'umanità solo a partire dal 9 novembre 2003, data
in cui il Perù aderì alla Convenzione internazionale. Anche il decreto 1094 che sancisce
un nuovo Codice per la Giustizia militare, è fortemente avversato poiché consente
la prescrizione dei crimini di guerra, cosa che già nel 2006 era stata rifiutata dal
Tribunale costituzionale. "Esortiamo le autorità competenti e la società civile a
cercare, nel dialogo e nella riflessione - scrivono i vescovi peruviani - la garanzia
del rispetto della vita e la dovuta sanzione a ogni atto che attenti contro di essa,
da applicare sempre nella verità dei fatti e con giustizia". I presuli ribadiscono,
inoltre, tre concetti base: il diritto alla vita è precedente a qualsiasi altro diritto
e il fondamento di ciò, oltre alla legge degli uomini, si trova nella legge naturale;
la società umana rifiuta ogni atto di violenza contro la vita ed esige che lo Stato
punisca chi viola questo sacro diritto; lo Stato deve garantire l'effettivo diritto
alla vita sia della vittima sia del suo aggressore, così come il suo diritto a difendersi
da ogni aggressione alla vita umana. "Anche se è vero che la vita dell'aggressore
merita rispetto - osservano i vescovi - ciò non può intendersi e tradursi in azioni
che favoriscano l'impunità a maggior ragione quando si tratta di reati contro la vita
o crimini contro l'umanità". Secondo i vescovi, quindi, sono questi i principi basilari
da tenere presenti per non portare il Paese fuori dalla comunità internazionale e
per non metterlo contro la Convenzione internazionale, liberamente accettata e firmata,
o contro gli articoli 1 e 2 della Carta costituzionale. I presuli, rinnovando il loro
appello al dialogo fra tutte le parti, concludono citando il messaggio di Giovanni
Paolo II per la Giornata mondiale della Pace del 1997, intitolato "Offri il perdono,
riceve la pace”: "Il perdono, lungi dall'escludere la ricerca della verità, la esige.
Il male compiuto dev'essere riconosciuto e, per quanto possibile, riparato". (A
cura di Luis Badilla)