Cile: appello dei vescovi per i 32 mapuches in sciopero della fame da 61 giorni
"Siamo di fronte a una grave situazione di tensione che minaccia la salute e la vita
stessa dei nostri fratelli mapuches, nonché la stessa pace sociale". Con questo tono
di sincera preoccupazione e allarme si è espresso ieri mons. Alejandro Goic, vescovo
di Rancagua, presidente della conferenza episcopale del Cile, sullo sciopero della
fame di 32 detenuti d’etnia “mapuche”, che ormai si prolunga da 61 giorni. Alcuni
degli scioperanti, che con questo gesto chiedono che non venga applicata la legge
antiterrorismo ai loro processi e neppure le norme della giustizia militare, sono
ricoverati a causa delle gravi condizioni di salute in cui si trovano. "È arrivata
l'ora di agire in favore di una convivenza fraterna, giusta e pacifica fra tutti coloro
che abitano questo nostro caro Cile", ha precisato mons. Goic, presentando una dichiarazione
dell'episcopato firmata da due vescovi delle regioni coinvolte in questo delicato
conflitto, mons. Ricardo Ezzati Andrello, arcivescovo di Concepción e mons. Manuel
Camilo Vial Risopatrón, vescovo di Temuco. Sia le autorità di governo sia il Parlamento
si sono dichiarati disponibili a fare le modifiche legali necessarie per facilitare
un dialogo con i mapuches (cosiddetti "comuneros"), ma per ora tutto sembra andare
per le lunghe, e ciò è molto pericoloso, soprattutto di fronte al precipitare della
situazione. "È vero - scrivono i vescovi - che non si tratta di una cosa facile e
rapida" (...) ad ogni modo, fra la comunità mapuche e fra le autorità del Paese, ci
sono "amore e rispetto per gli esseri umani e per il Creato che oggi dovrebbero servire
come ponti per un avvicinamento reciproco e fraterno" e, al riguardo, la Chiesa rinnova
"la disponbilità a continuare ad adempiere al suo ruolo in favore di un incontro giusto
e fraterno". I presuli rivolgono diversi appelli, chiedendo con preoccupazione a tutti
coloro che hanno una responsabilità di "agire con urgenza affinché i mapuches mettano
fine immediatamente allo sciopero della fame". "Si tratta di una situazione imprevista
che impone un imperativo etico e quindi, di fronte al valore e alla sacralità della
vita", qualsiasi altra considerazione è secondaria", spiegano i vescovi con un chiaro
riferimento ad alcune lentezze burocratiche di questi giorni che sembrano non tener
conto dell'estrema gravità del momento. I presuli ritengono che una soluzione immediata
sia possibile e al riguardo affermano: "Sarebbe un segno di magnanimità, di forza
e di benevolenza proprio ora che celebriamo il Bicentenario del Cile, Paese che ha
una vocazione di unità e solidarietà". D'altra parte, in accordo con quanto si dichiara
da più parti, la Conferenza episcopale ritiene che un tale gesto sarebbe anche "un
buon inizio per un nuovo dialogo con il popolo mapuche", in modo da favorire la loro
piena partecipazione e il rispetto dei loro diritti fondamentali. Rivolgendosi direttamente
ai mapuche, i vescovi chiedono di intercedere affinché i loro fratelli mettano fine
allo sciopero subito "e continuino la loro lotta tramite altri mezzi legittimi"; i
presuli, da parte loro, garantiscono il sostegno della Chiesa, nonché "rispetto e
dialogo" e azioni "per evitare soluzioni di forza imposte, a volte, con leggi ingiuste".
Prima di congedarsi, nel loro documento, i vescovi ringraziano tutti coloro, autorità
e non, che nel Paese lavorano per una soluzione rapida e giusta ed esortano i cattolici
a pregare Dio, padre della misericordia, per ottenere una "rapida soluzione giusta
e dignitosa per tutti". (L.B.)