2010-09-10 14:42:59

Cile: appello dei vescovi per i 32 mapuches in sciopero della fame da 61 giorni


"Siamo di fronte a una grave situazione di tensione che minaccia la salute e la vita stessa dei nostri fratelli mapuches, nonché la stessa pace sociale". Con questo tono di sincera preoccupazione e allarme si è espresso ieri mons. Alejandro Goic, vescovo di Rancagua, presidente della conferenza episcopale del Cile, sullo sciopero della fame di 32 detenuti d’etnia “mapuche”, che ormai si prolunga da 61 giorni. Alcuni degli scioperanti, che con questo gesto chiedono che non venga applicata la legge antiterrorismo ai loro processi e neppure le norme della giustizia militare, sono ricoverati a causa delle gravi condizioni di salute in cui si trovano. "È arrivata l'ora di agire in favore di una convivenza fraterna, giusta e pacifica fra tutti coloro che abitano questo nostro caro Cile", ha precisato mons. Goic, presentando una dichiarazione dell'episcopato firmata da due vescovi delle regioni coinvolte in questo delicato conflitto, mons. Ricardo Ezzati Andrello, arcivescovo di Concepción e mons. Manuel Camilo Vial Risopatrón, vescovo di Temuco. Sia le autorità di governo sia il Parlamento si sono dichiarati disponibili a fare le modifiche legali necessarie per facilitare un dialogo con i mapuches (cosiddetti "comuneros"), ma per ora tutto sembra andare per le lunghe, e ciò è molto pericoloso, soprattutto di fronte al precipitare della situazione. "È vero - scrivono i vescovi - che non si tratta di una cosa facile e rapida" (...) ad ogni modo, fra la comunità mapuche e fra le autorità del Paese, ci sono "amore e rispetto per gli esseri umani e per il Creato che oggi dovrebbero servire come ponti per un avvicinamento reciproco e fraterno" e, al riguardo, la Chiesa rinnova "la disponbilità a continuare ad adempiere al suo ruolo in favore di un incontro giusto e fraterno". I presuli rivolgono diversi appelli, chiedendo con preoccupazione a tutti coloro che hanno una responsabilità di "agire con urgenza affinché i mapuches mettano fine immediatamente allo sciopero della fame". "Si tratta di una situazione imprevista che impone un imperativo etico e quindi, di fronte al valore e alla sacralità della vita", qualsiasi altra considerazione è secondaria", spiegano i vescovi con un chiaro riferimento ad alcune lentezze burocratiche di questi giorni che sembrano non tener conto dell'estrema gravità del momento. I presuli ritengono che una soluzione immediata sia possibile e al riguardo affermano: "Sarebbe un segno di magnanimità, di forza e di benevolenza proprio ora che celebriamo il Bicentenario del Cile, Paese che ha una vocazione di unità e solidarietà". D'altra parte, in accordo con quanto si dichiara da più parti, la Conferenza episcopale ritiene che un tale gesto sarebbe anche "un buon inizio per un nuovo dialogo con il popolo mapuche", in modo da favorire la loro piena partecipazione e il rispetto dei loro diritti fondamentali. Rivolgendosi direttamente ai mapuche, i vescovi chiedono di intercedere affinché i loro fratelli mettano fine allo sciopero subito "e continuino la loro lotta tramite altri mezzi legittimi"; i presuli, da parte loro, garantiscono il sostegno della Chiesa, nonché "rispetto e dialogo" e azioni "per evitare soluzioni di forza imposte, a volte, con leggi ingiuste". Prima di congedarsi, nel loro documento, i vescovi ringraziano tutti coloro, autorità e non, che nel Paese lavorano per una soluzione rapida e giusta ed esortano i cattolici a pregare Dio, padre della misericordia, per ottenere una "rapida soluzione giusta e dignitosa per tutti". (L.B.)







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