Pakistan devastato da attentati e inondazioni: lenta la macchina degli aiuti
Rimane critica la situazione nel Pakistan alluvionato, dove proseguono anche le violenze:
una decina di civili sono rimasti uccisi in un attentato in una regione al confine
con l'Afghanistan e altre 3 sono morte in un attacco compiuto davanti alla casa di
un ministro a Quetta. E’ stato invece rilasciato il giornalista britannico rapito
lo scorso marzo da insorti islamici nel nord-ovest del Paese. Intanto i dati ufficiali
delle alluvioni parlano di oltre 1750 morti e più di 21 milioni di persone colpite.
Per un aggiornamento sulla situazione, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente
in Pakistan Hussain Syed, collaboratore di Intersos a Peshawar, e operativo
nei distretti alluvionati di Nowshehra e Charsadda:
R. - Viene
fuori uno scenario terribile. Non soltanto nella storia del Pakistan, ma potremmo
dire nel mondo, non c’era mai stata in questo secolo un’alluvione di tale portata.
Quello che è gravissimo è che gli aiuti internazionali si stanno muovendo con estrema
lentezza, malgrado i morti e la disperazione dei vivi. Intersos sta facendo degli
sforzi immani e cerca di assistere - grazie alle donazioni dei privati in Italia -
le popolazioni disastrate.
D. - In quale fase dell’emergenza è ora il
Pakistan?
R. - E’ sempre nell’emergenza iniziale: la seconda fase, quella
cioè che potrebbe essere considerata di ricostruzione, non è ancora cominciata, anche
perché non si sono fermate le piogge. Le inondazioni hanno colpito inizialmente alcune
zone ed ora si stanno spingendo verso il delta dei vari fiumi e quindi verso il mare.
Tutte le località che precedentemente non erano state colpite e danneggiate, adesso
sono state coinvolte dall’acqua.
D. - Lei si trova nella zona di Peshawar…
R.
- Sì, mi trovo nella zona di Peshawar anche perché è un’area che a partire dal 2001
continua a subire dei disastri: dal terremoto alla caccia ai talebani. C’erano già
delle persone “internally displaced” ed ora, unitamente a queste, ce ne sono
delle altre che hanno perso le case e tutto il resto. E’ una situazione veramente
molto drammatica.
D. - Oggi cosa serve al Pakistan?
R.
- Qualsiasi tipo di aiuto. Il periodo d’emergenza non è ancora finito, ma laddove
le acque si stanno ritirando o si sono già ritirate si pensa alle operazioni riabilitative
per rendere nuovamente vivibili queste zone. Si tratta di operazioni terribilmente
difficili, perché il fango e i detriti portati dai fiumi e dalla violenza delle acque
hanno distrutto tutto ciò che c’era sotto, compresi raccolti e piantagioni. Queste
zone erano coltivate a frutteti, a canna da zucchero, a granoturco. Tutto è stato
danneggiato o distrutto e c’è fango un po’ ovunque. In futuro questo potrà essere
anche una nota positiva, perché il fango portato dai fiumi rende più fertile il terreno,
ma adesso bisogna fare qualsiasi cosa necessaria perché il terreno, che è soffocato,
possa essere ossigenato e quindi possa respirare.