L'arte dell'organo a canne: un patrimonio da riscoprire a livello culturale e religioso
Promuovere la valorizzazione dell’organo a canne sia sotto il profilo liturgico sia
sotto quello culturale. E’ l’obiettivo dell’Associazione italiana organari per far
conoscere, anche ai giovani, uno strumento dalle molteplici potenzialità. Il più grande
patrimonio di organi esistente al mondo si trova in Italia. Valorizzarlo significa
anche riscoprire la bellezza di una professione poliedrica, quella dell’organaro,
che congiunge la storia con la musica, l’arte con la spiritualità. E’ quanto sottolinea
al microfono di Amedeo Lomonaco il presidente dell’Associazione italiana organari,
Claudio Bonizzi:
R. - Penso
che sia il mestiere al mondo che raggruppa più mestieri, dal falegname, al lattoniere,
all’intonatore, al musicista. C’è un po’ di tutto, il restauratore d’organo deve fornire
una serie di documenti per avere i permessi per poter poi smontare lo strumento e
restaurarlo. Si smonta l’organo che si porta in laboratorio. Quindi si restaura lo
strumento e poi alla fine lo si rimonta e lo si accorda. Chiaramente, abbiamo a che
fare con strumenti che vanno dal '500 fino ad arrivare al secolo scorso. Bisogna avere
una conoscenza storica, archivistica e anche tutta una ricerca particolare sul tipo
di accordature che si usavano all’epoca. E’ chiaro che bisogna conoscere la musica,
ma anche rispettare il più possibile quello che l’autore ha fatto e cercare di capire
come ha operato il costruttore.
D. - Ridare voci e suoni ad un organo
significa anche far risplendere un’arte che accorda la musica con lo spirito…
R.
- Quando io lavoro in Chiesa, lavoro proprio a contatto con l’ambiente che sento mio.
L’ambiente è mio nel senso che lo sento vicino alla mia persona, al mio animo, perché
nel silenzio, nel rispetto delle persone che entrano, questa sonorità penetra dappertutto.
Entra anche nei cuori più duri. Quando sentiamo suonare uno strumento la soddisfazione
maggiore è sapere che qualcuno gioisce di questa musica e si avvicina dove vuole.
E chiaramente essendo in Chiesa, si avvicina all'Alto.
D. - Ma qual
è oggi la magia dell’organo e del suo suono?
R. - La magia è questa:
è quella di avere conservato delle sonorità. Oggi si parla tanto di tradizione e si
vedono persone anche anziane che, una volta restaurati degli organi, riportati all’origine,
si commuovono e ci dicono: “Finalmente risentiamo il nostro organo!” Loro hanno una
memoria storica, una memoria musicale in testa, pur non conoscendo la musica.
D.
- Qual è questa memoria e a quale sonorità fa affidamento?
R. – E’ la
memoria del suono, la memoria della bellezza del suono. Se anche ai giovani non facciamo
conoscere le cose belle, non si può fare il confronto tra un suono di un organo elettronico
e quello di un organo a canne.
D. - Quali priorità si è posta in questi
anni l’Associazione italiana organari?
R. - In questi anni abbiamo cercato
di valorizzare il patrimonio degli organi anche dal punto di vista storico, dotandoci
anche di codici deontologici abbastanza precisi, una serie di requisiti dal punto
di vista tecnico, nel restauro, ma anche la costruzione di organi nuovi.