La Chiesa celebra la memoria di San Pietro Claver, apostolo fra gli schiavi
“Schiavo degli schiavi”: così si definiva San Pietro Claver, di cui oggi la Chiesa
celebra la memoria liturgica. Nato in Spagna nel 1581, membro della Compagnia di Gesù,
questo religioso si dedicò totalmente alla cura degli schiavi neri, deportati dall’Angola
alla Colombia. Morì di peste nel 1654 e fu canonizzato da Leone XIII nel 1888. Sul
carisma di San Pietro Claver, patrono delle missioni tra i popoli dell’Africa e afroamericani,
Isabella Piro ha intervistato suor Orsola Lorek, segretaria generale
delle “Suore Missionarie di San Pietro Claver”, congregazione fondata ai primi del
‘900 dalla beata Maria Teresa Ledóchowska:
R. – Il
suo carisma si potrebbe definire come l’amore o la carità servizievole verso i più
poveri, i più abbandonati, i più disprezzati di questa epoca. Lui lo ha fatto in modo
mirabile, ha trattato questi uomini con grande amore, si è sacrificato per loro fino
all’eroismo, li ha serviti, li ha lavati, li ha curati. Era un amico per loro. Perciò
San Pietro Claver è un modello di samaritano che si china verso un debole, verso un
miserabile: è un modello di carità eroica. D. - Un tratto caratteristico
della figura di questo Santo è sicuramente l’umiltà?
R. – Certo. Non
si può servire senza l’umiltà e, infatti, tutte le lettere ai suoi superiori o amici
le firmava “Schiavo degli schiavi”. Lui fece questo voto già a 24 anni e annotò nel
suo diario: “Fino alla morte mi devo consacrare al servizio di Dio facendo conto che
sono come uno schiavo il cui impegno deve essere tutto a servizio dei poveri e dei
miserabili”.
D. – Cosa insegna ai missionari di oggi San Pietro Claver?
R.
– Questo Santo è un grande esempio per i missionari, perché lui si è fatto vicino
all’uomo nella necessità, nelle situazioni di emergenza. Quando arrivavano queste
navi piene di schiavi dall’Africa cercava di farsi vicino all’uomo, alle persone:
vedeva in queste persone Cristo stesso. Li serviva e li liberava per quanto gli era
possibile. Penso che il compito dei missionari sia quello di essere vicino alle persone,
cercare di liberare queste persone dalla schiavitù che anche oggi esiste in diversi
continenti e non è solo fisica, ma anche morale, prima di tutto. I missionari devono
essere vicini alla gente, alle persone, cercare di mostrare il vero volto di Dio -
questo faceva San Pietro Claver - il vero volto di Dio che è amore. San Pietro Claver
che era bianco si è fatto schiavo di questi neri, si è fatto come loro per far capire
che Dio è amore e avvicinarli a Dio. Infatti, come è scritto nel suo diario, lui diceva:
“Nella mia vita ho battezzato circa 300 mila di questi africani”. Vuol dire che li
ha portati verso Dio.