2010-09-07 15:42:01

La storia religiosa euromediterranea e il dialogo cristianesimo-islam alla 32.ma Settimana Europea: intervista con padre Samir Khalil Samir


“Da Costantinopoli al Caucaso. Imperi e popoli tra cristianesimo e islam”. E’ il tema della XXXII Settimana europea, promossa dalla Fondazione ambrosiana Paolo VI in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e il patronato della Regione Lombardia. I lavori ospitati a Villa Cagnola di Gazzada, nei pressi di Varese, si sono aperti oggi in una prospettiva di incontro culturale e di dialogo religioso tra Europa e Paesi arabi del Mediterraneo. Tra i relatori di diversi Paesi, è il padre gesuita, Samir Khalil Samir, docente all’Università Saint Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma. Roberta Gisotti lo ha intervistato:RealAudioMP3

D. – Padre Samir, quanto è importante ripercorrere la storia del rapporto tra cristianesimo e mondo arabo nei secoli passati per capire i tempi attuali?

R. – Per capire l’oggi dobbiamo tornare indietro perché viviamo di una storia. Io ho cercato in questo convegno di prendere solo una parte del mondo arabo e della storia, cioè il contributo dei cristiani della Siria e del Libano alla creazione di una nuova cultura araba nel Medio Oriente. Questo movimento è partito da Roma quando, dopo il Concilio di Trento, Papa Gregorio XIII creò il Collegio maronita di Roma nel 1584. Probabilmente, il Papa pensava solo a formare dei sacerdoti bravi per poter risvegliare la fede e anche per attirare nella Chiesa cattolica i cristiani ortodossi d’Oriente. In realtà, siccome questo accadeva nel periodo del Rinascimento in Italia, i sacerdoti che si sono formati qui, tornando nel loro Paese, hanno cercato di trasmettere in arabo tutto ciò che avevano ricevuto in filosofia, in scienze, in storia, in geografia. Così cominciò il movimento di rinnovamento, perché erano aperti alla modernità e hanno cominciato a scrivere in questa visione di collegare fede e scienza in tutto ciò che facevano.

D. – Padre Samir, come recuperare una piattaforma di incontro oggi tra Occidente cristiano e mondo arabo musulmano? Bisogna puntare sugli accordi politici o sul progresso economico e l’emancipazione delle popolazioni arabe o sulla formazione culturale specie delle nuove generazioni?

R. – E’ essenziale puntare sull’educazione, sulla formazione culturale delle nuove generazioni, ma è la cosa più difficile perché non si può fare con una decisione, o in cinque o dieci anni. Ci vogliono una e più generazioni. Ma dire di dover combattere militarmente l’estremismo, da dove viene, non è una soluzione perché il radicalismo e il terrorismo di matrice islamica hanno delle radici culturali e religiose. Dunque, l’ideologia non si combatte militarmente ma con le idee.







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