A Viterbo il tradizionale trasporto della macchina di Santa Rosa
“Fulgido esempio di fede e di generosità verso i poveri”: così Benedetto XVI ha definito
lo scorso anno Santa Rosa da Viterbo durante la sua visita nella cittadina laziale
il 6 settembre. La Chiesa la ricorda domani, ma stasera, alle 21, la città dei Papi,
con il tradizionale trasporto della macchina di Santa Rosa, ne rievocherà la traslazione
del corpo nella Chiesa di Santa Maria delle Rose, accanto al monastero delle clarisse
dove la giovane Rosa avrebbe voluto consacrarsi al Signore. Respinta, pare, per le
sue precarie condizioni di salute, scelse di entrare nel Terz’ordine francescano.
Tiziana Campisi ha chiesto alla badessa del monastero, madre Annunziata
Campus, di tracciare un profilo di questa giovane santa vissuta nel XIII secolo:
R. – Era
una giovane molto umile, che ha vissuto nella povertà, aiutando i suoi contemporanei
in un periodo di non grande serenità tra la Chiesa e le autorità civili. Si è trovata
in mezzo a difficoltà non indifferenti che però ha affrontato con grande fortezza
e generosità, ha dato forza ai suoi concittadini e li ha incitati a sostenere la Chiesa,
ad essere fermi nella loro vocazione, a seguire Gesù, a seguire Cristo che è la nostra
forza ovunque.
D. – Quale eredità spirituale ha lasciato Santa Rosa?
R.
– Lei ci dice di non aver paura di professare la nostra fede, di seguire Gesù, perché
è Lui che ci dà la forza. Santa Rosa ci fa capire che non possiamo vivere senza Cristo,
come diceva Sant’Agostino, ci dice di portare pace, di rincuorare i cuori, di dare
questa forza di fede, questa speranza in Dio. Lei ha vissuto il Vangelo come San Francesco.
Oggi la gente cerca Dio, lo cerca ma non riesce ad entrare nel Dio presente che ci
accompagna momento per momento. Santa Rosa ci fa comprendere come Dio sia presente
nella nostra vita. Lei, tra l’altro, cos’era? Una ragazza anche indifesa, perché alla
sua epoca una donna non valeva niente. Però il Signore l’ha glorificata in un modo
che è rimasto nei secoli, mantenendo incorrotte le sue spoglie mortali. Questo ci
fa capire veramente che il Signore c’è, che ci sta vicino!
D. – Cosa
insegna, in particolare, all’uomo di oggi?
R. – L’umiltà, il perdono,
la pace, l’unione delle famiglie; a percepire e ad ascoltare la voce di Dio tramite
la preghiera, tramite la Sacra Scrittura, ad ascoltare, perché Lui parla a tutti,
a non aver paura di professare la fede. Non dobbiamo assolutamente avere paura di
niente: quello che importa è questa armonia, questo condividere, dialogare … Santa
Rosa, anche se è piccola, è una grande Santa e quando la si invoca si fa sentire.
È una cosa che non si percepisce con le mani, per così dire, ma è una cosa che si
percepisce con la mente e con la fede.
D. – Voi, clarisse del monastero
di Santa Rosa, siete le custodi delle spoglie mortali di Rosa, ancora pressoché intatte.
In che modo oggi voi imitate Rosa da Viterbo?
R. – Noi cerchiamo di
imitarla nella sua vita nascosta, perché di lei – nonostante sia andata in giro per
la città manifestando la sua adesione al Vangelo – conta non tanto quello che ha detto
con le parole, ma quanto ha fatto nella vita. Noi cerchiamo di accogliere quanti cercano
Santa Rosa, di aiutare chi si avvicina a noi che siamo presenti con la clausura, dove
desiderava essere Santa Rosa, perché lei ha desiderato e chiesto di entrare in clausura.
Noi cerchiamo di comunicare che il desiderio di Santa Rosa era questo: vivere nel
nascondimento, vivere nel Vangelo. E cerchiamo di farlo pregando per quanti si affidano
alle nostre preghiere, per i nostri benefattori, per le famiglie … Nell’umiltà, cerchiamo
di renderci disponibili a questa preghiera nascosta.