2010-09-02 19:22:14

Al via a Washington i negoziati di pace tra israeliani e palestinesi. La riflessione di padre Jaeger


Incoraggiato dalla serietà mostrata da israeliani e palestinesi. Questo lo stato d’animo del presidente Usa Barack Obama, nel giorno di apertura dei negoziati diretti a Washington. Da subito chiare le richieste delle due parti, per il palestinese Abu Mazen, Israele deve mettere fine all’embargo su Gaza e alla costruzione di nuovi insediamenti nei territori occupati, per Netanyahu una pace vera e duratura richiede dure concessioni e deve tenere conto delle necessità di sicurezza di israele, inoltre chiede il premier israeliano I palestinesi devono riconoscere Israele come lo stato nazione del popolo ebreo. Elena Molinari RealAudioMP3


Il presidente americano, Barack Obama, ha dunque affermato che è possibile raggiungere la pace in Medio Oriente entro un anno. Alessandro Gisotti ha chiesto a padre David Jaeger, della Custodia di Terra Santa, se questa ipotesi sia realizzabile, nonostante le difficoltà sul terreno:RealAudioMP3

R. – E’ possibile certamente, perché non solo i problemi sono conosciuti, ma in sostanza anche le soluzioni. Le bozze dell’accordo di pace si troverebbero nei cassetti ormai da vari anni. Quello che è mancato, finora, soprattutto non sono state le bozze, i testi, le soluzioni o le idee: è la volontà di firmarle, queste risoluzioni.

D. – Quali sono, secondo lei, i punti su cui le parti possono più facilmente trovare un accordo e dunque cercare di raggiungere una intesa finale?
R. – Per mettere fine al conflitto storico, c’è naturalmente la questione dei profughi palestinesi delle guerre del 1948 e del 1967, ma soprattutto del ’48; su questo punto, una soluzione non può essere – in realtà – semplicemente bilaterale, perché deve coinvolgere anche gli Stati che effettivamente ospitano grande parte di questi profughi: Giordania, Siria e soprattutto Libano, dove è drammatica la situazione dei palestinesi nei campi profughi. Solo recentemente, la legislatura libanese ha deciso di dare agli abitanti dei campi profughi, che sono già di terza e quarta generazione, la possibilità di cercare lavoro in Libano, sulla stessa base di lavoratori stranieri. Qui ci dovrà essere uno sforzo multilaterale.

D. – A Washington, ovviamente, c’è un grande assente: Hamas. Quanto complica questa assenza, questa opposizione?
R. – Il suo dominio di fatto sulla Striscia di Gaza è sintomo dell’assenza di pace. Dal momento in cui ci sarà un Trattato di pace tra Israele e l’Olp, Hamas perderà ogni legittimazione. Per cui è chiaro che si oppone al Trattato di pace e sta facendo di tutto per far fallire i negoziati. Realizzare, ottenere il Trattato di pace priverà gli estremisti – nel caso specifico, Hamas – di ogni legittimazione presso la popolazione. Questo è l’unico modo di farlo, perché è proprio l’assenza di pace, il perdurare del disagio vissuto dalla popolazione palestinese che dà forza all’organizzazione armata.







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