Obama incontra Netanyahu: "il terrorismo non ferma il processo di pace israelo-palestinese"
Sale la tensione in Medio Oriente dopo l’uccisione ieri sera di quattro coloni israeliani,
e alla vigilia dei negoziati diretti tra Israeliani e palestinesi a Washington, dopo
un anno e mezzo di blocco. Unanimi le condanne contro l’attentato, rivendicato dalle
brigate Ezzedin el-Qassam, braccio armato di Hamas. I coloni per ritorsione annunciano
di voler violare il congelamento degli insediamenti e di voler riprendere in serata
le costruzioni. Dal premier Netanyahu al presidente Peres, le massime autorità israeliane
hanno garantito che l’uccisione non resterà impunita ma che l’accaduto non metterà
a rischio i negoziati. Dagli Stati Uniti, Elena Molinari
Sulle speranze
che l’incontro di Washington suscita nella popolazione palestinese e in quella israeliana
sentiamo padre Ibrahim Faltas, economo generale della Custodia di Terra Santa
intervistato da Stefano Leszczynski:
R. - Il dialogo
tra palestinesi ed israeliani ha fatto un grande passo avanti. Secondo me - e questa
è una mia opinione personale - questa è l’ultima chance per le due parti. E speriamo
di avere veramente una pace vera!
D. - Che cosa significa per israeliani
e palestinesi avere una pace vera?
R. - Penso che tutti, qui - israeliani
e palestinesi - sperano che questo non sia come gli altri incontri, che sono tutti
falliti; che questo, al contrario porti frutti, perché questa è l’ultima speranza
per tutte e due le parti. E quello che è successo ieri, l’attentato, in realtà ce
l’aspettavamo, perché è quello che succede sempre quando si fa un passo avanti: succede
qualcosa che fa tornare indietro di tanti anni! Sicuramente la maggioranza delle persone
dalle due parti vuole la pace, mentre invece, purtroppo, ci sono poche persone che
non vogliono questo accordo, che non vogliono questa pace … Mi viene in mente quella
frase che dice Céline: “La guerra è un massacro tra tante persone che non si conoscono
nell’interesse di poche persone che si conoscono ma non si massacrano tra di loro!”.
D. - Resta sempre, ovviamente, il nodo di Gaza: quanto pesa questo,
secondo lei, per una ripresa “sincera” del dialogo e un avviarsi verso una strada
di riconciliazione, se non di pace?
R. - Prima di tutto, ci sarà un
accordo tra Israele e Palestina, questa volta a Washington. Penso che ci sarà un accordo
tra Fatah e Hamas, tra la Cisgiordania e Ramallah, a Gaza. Penso che ci sarà, perché
i Paesi arabi si sono impegnati a contribuire alla pace tra le due parti palestinesi,
perché veramente è uno scandalo quello che stanno facendo adesso.
D.
- Da più parti, quando si parla del contrasto interno al mondo palestinese, si inizia
a mormorare la possibilità che ci siano altre parti interessate a fomentare questo
contrasto, in particolare formazioni più vicine ad al Qaeda …
R. - Purtroppo,
c’è anche questo pericolo. Ma io dico che prima o poi dovranno trovare un accordo
tra di loro, i palestinesi, se vogliono veramente la pace.
D. - Quindi,
possiamo dire che questo è un primo passo che ci lascia sperare …
R.
- Questa è la speranza di tutti, soprattutto per la gente, qui, perché ormai la gente
non ce la fa più! Non dimentichiamo che questo è anche il primo vero incontro tra
Abu Mazen e Netanyahu, e speriamo che tutte e due le parti trovino un accordo e quindi
risolvano tutti i problemi che ci sono: penso che il problema più complicato, più
difficile sarà quello di Gerusalemme …