Kenya: verso la formazione di un’agenzia di informazione cattolica per l’intera Africa
“Oggi la comunicazione è considerata come il primo areopago del mondo moderno, che
sta unificando l'umanità trasformandola in un villaggio globale. Così, noi, come comunicatori
cattolici ci aspettiamo e vogliamo promuovere e rendere efficace la cooperazione per
lo sviluppo pacifico e integrale del nostro continente” ha affermato mons. Alfred
Kipkoech Arap Rotich, Ordinario Militare per il Kenya e Presidente della Commissione
per le Comunicazioni Sociali della Conferenza episcopale del Kenya, aprendo i lavori
di un seminario per la formazione di un’agenzia di informazione cattolica per il continente
africano. Come riferisce l’agenzia Cisa, il seminario, che si è aperto ieri, a Nairobi,
in Kenya e si chiuderà domani, è stato organizzato dal Simposio della Conferenze Episcopali
di Africa e Madagascar in collaborazione con il Consiglio dei Media Cattolici. Nella
sua relazione introduttiva, mons. Rotich ha ricordato che i comunicatori devono fornire
informazioni che consentano alle persone di prendere le giuste decisioni su come rispondere
ai conflitti e alle sfide, ed ha esortato i comunicatori cattolici a collaborare tra
di loro. Mons. Rotich ha sottolineato i pericoli di un mondo dell’informazione dominato
dalla tecnica, che rischia di mettere in secondo piano i valori umani. “Viviamo in
un mondo che è sempre più interconnesso, una società globale di interazioni comunicative,
di scambi e condivisione delle informazioni che stimolano profonde trasformazioni
culturali. Il termine “villaggio globale” rappresenta solo il progresso tecnologico,
lasciandosi alle spalle le relazioni umane globali”, ed ha quindi ammonito a non dimenticare
i pericoli derivanti dal cattivo uso del potere mediatico. Padre Janvier Marie Gustave
Yameogo, del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, ha notato che “vi sono
diverse iniziative comuni in tutta l’Africa. Agenzie stampa come la Dia (di Kinshasa)
e la Cisa (di Nairobi) stanno facendo molto. Ma vi sono troppo poche interazioni e
nessuna collaborazione tra queste iniziative. Questa frammentazione è la nostra maggiore
debolezza. Come Chiesa dobbiamo condividere le nostre storie attraverso il collegamento
in rete”. (R.P.)