Il Papa all'udienza generale: amare la Chiesa anche se ferita dai peccati dei preti
e dei laici. Ai giovani: impegnatevi per la pace nel mondo
Una Santa del Medioevo che amò Cristo e servì la Chiesa in un tempo in cui, come oggi,
essa è ferita dai peccati “dei suoi preti e dei suoi laici”. Con queste parole Benedetto
XVI ha concluso questa mattina una prima catechesi del mercoledì dedicata a Ildegarda
di Bingen, monaca claustrale tedesca vissuta nel primo secolo dell’anno Mille. Il
Papa ha presieduto l’udienza generale all’esterno del Palazzo apostolico di Castel
Gandolfo davanti a oltre 5 mila persone e l’ha conclusa con un invito ai giovani a
impegnarsi per la pace e la giustizia nel mondo. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Le ultime
parole dell’udienza escono di getto dal cuore del Papa e danno il “tono” a una catechesi
tornata a scandagliare le ricchezze spirituali della Chiesa dell’anno mille, antica
eppure straordinariamente attuale. Attraverso le parole di Benedetto XVI è rivissuta
sulla piazzetta di Castel Gandolfo Ildegarda di Bingen, monaca claustrale del Medioevo,
modello ante litteram di quel “genio femminile” che Giovanni Paolo II celebrò
compiutamente nella Mulieris dignitatem: donne cioè che edificarono la Chiesa
talvolta, sopperendo alle mancanze, anche gravi, della sua gerarchia, come fece Ildegarda...
“...
con la sua coraggiosa capacità di discernere i segni dei tempi, con il suo amore per
il Creato (…) il suo amore per Cristo e per la sua Chiesa, sofferente anche in quel
tempo, ferita anche in quel tempo dai peccati dei preti e dei laici, e tanto più amata
come Corpo di Cristo”.
Con una logistica inconsueta per l’udienza
generale a Castel Gandolfo – con la gente non più stipata all’interno del cortile
del Palazzo apostolico, ma raccolta all’esterno sulla piazza e nel corso retrostante
e il Papa di fronte alla folla, seduto nella penombra del portone centrale del palazzo
– Benedetto XVI ha fornito un primo ritratto della religiosa vissuta nella Germania
del XII secolo, tra il 1098 e il 1179. Pienamente aderente alla fisionomia di quelle
donne, come scrisse nel 1988 Papa Wojtyla, che hanno svolto e svolgono un “ruolo prezioso”
nella vita della Chiesa, Ildegarda di Bingen si distinse almeno per due aspetti: come
superiora del monastero di San Disibodo – dove fu avviata fin da giovanissima e dove
succedette a quella che per tanti anni fu la sua maestra, suor Giuditta – e come mistica,
capace di vivere con umiltà e senso di sottomissione lo straordinario dono delle visioni
interiori.
Nel suo ruolo di superiora del monastero claustrale, ha notato
Benedetto XVI, mise a frutto...
“…le sue doti di donna colta, spiritualmente
elevata e capace di affrontare con competenza gli aspetti organizzativi della vita
claustrale (…) Lo stile con cui esercitava il ministero dell’autorità è esemplare
per ogni comunità religiosa: esso suscitava una santa emulazione nella pratica del
bene, tanto che, come risulta da testimonianze del tempo, la madre e le figlie gareggiavano
nello stimarsi e nel servirsi a vicenda”.
Durante i suoi anni a
capo del monastero, Ildegarda ebbe delle visioni mistiche che confidò al suo consigliere
spirituale e a una consorella e le guadagnarono nel tempo l’appellativo di “profetessa
teutonica”. “Come sempre accade nella vita dei veri mistici – ha affermato il Papa
– anche Ildegarda volle sottomettersi all’autorità di persone sapienti per discernere
l’origine delle sue visioni, temendo che esse fossero frutto di illusioni e che non
venissero da Dio”. Lo fece rivolgendosi a una delle massime personalità della Chiesa
del suo tempo, San Bernardo di Chiaravalle, che la incoraggiò, e ricevendo in seguito
un’altra approvazione da Papa Eugenio III, il quale – ha spiegato il Pontefice – lesse
durante un sinodo a Treviri un testo dettato da Ildegarda per poi autorizzare la mistica
a scrivere le sue visioni e a parlare in pubblico:
“È questo, cari
amici, il sigillo di un’esperienza autentica dello Spirito Santo, sorgente di ogni
carisma: la persona depositaria di doni soprannaturali non se ne vanta mai, non li
ostenta e, soprattutto, mostra totale obbedienza all’autorità ecclesiastica. Ogni
dono distribuito dallo Spirito Santo, infatti, è destinato all’edificazione della
Chiesa, e la Chiesa, attraverso i suoi Pastori, ne riconosce l’autenticità”.
Tra
i saluti in varie lingue, Benedetto XVI si è rivolto a distanza ai ragazzi che prossimamente
saranno impegnati nel terzo Congresso latinoamericano in Venezuela. “Cari giovani
– ha detto loro il Papa – in questi giorni di convivenza, la preghiera e lo studio
vi servano per incontrarvi personalmente con il Signore e ascoltare la sua Parola”:
“No
quedaréis defraudados, pues Él tiene para todos... Non sarete delusi,
perché Egli ha per tutti un disegno di amore e di salvezza. Il Papa
è al vostro fianco e vi rinnova la sua fiducia, mentre chiede a Dio di assistervi
perché siate autentici discepoli di Gesù Cristo, viviate i valori del Vangelo, li
trasmettiate con coraggio a quelli che sono attorno a voi e vi ispiriate ad essi per
costruire un mondo più giusto e riconciliato. Vale la pena impegnarsi in questa bella
missione”.
E, poco dopo, facendo gli auguri in particolare a un
gruppo di docenti e di studenti di un liceo ungherese per la ripresa dell'anno scolastico,
il Papa ha voluto sottolineare nella loro lingua “l'importanza della scuola
cattolica”.