Dichiarazione finale del Simposio latinoamericano e caraibico di Buenos Aires
Preoccupazione per il crescente disinteresse e la mancanza di rispetto per la tutela
dell'ambiente e dei popoli che vi abitano. E’ quanto ha espresso, nei giorni scorsi,
il Dipartimento di giustizia e solidarietà del Consiglio episcopale latinoamericano
(Celam), durante un incontro a Buenos Aires al quale hanno preso parte rappresentanti
di sedici Paesi dell'America latina e dei Caraibi. “Come discepoli missionari di Gesù
Cristo nostro Signore — si legge nel documento finale ripreso dall’Osservatore Romano
— estendiamo la nostra preoccupazione e chiediamo un momento di riflessione per tutti
coloro che operano a livello decisionale, aziende multinazionali, professori, imprenditori,
giornalisti, leader di diverse organizzazioni sociali, le nostre comunità cristiane,
il nostro popolo”. “Interpelliamo il crescente processo di concentrazione della
proprietà della terra nelle mani di pochi, minacciando il territorio dei popoli. Parte
di questa minaccia – si legge ancora nel documento - si deve all'aumento dell'uso
da parte delle industrie estrattive e di produzione di agrocombustibili perché prevale
la logica economica del semplice interesse o beneficio a scapito del benessere dei
popoli. Siamo preoccupati per il frequente verificarsi di atti di corruzione nel processo
di concessione di terre senza consultare i popoli che vi abitano”. Secondo il Celam,
“l'enorme biodiversità dell'America latina e dei Caraibi offre servizi ambientali
all'intero pianeta, fatto che va oltre il significato commerciale attuale e offre
benefici reali. Questa biodiversità si sta distruggendo irreversibilmente: solo in
Amazzonia, poco più del 17% della foresta è scomparsa e il tasso di estinzione di
specie diventa mille volte superiore a quella storica. Vi è una crescente distruzione
ambientale causata dalla deforestazione, l'inquinamento da rifiuti industriali e urbani,
miniere a cielo aperto, monocoltura estensiva, avanzamento della desertificazione,
l'estrazione di idrocarburi, che colpiscono risorse vitali per le popolazioni come
l'acqua potabile e l'approvvigionamento naturale degli alimenti, soprattutto per i
più poveri”. I vescovi criticano poi gli stili di vita prevalenti di una parte dell'umanità,
lo spreco che “causa squilibrio tra la crescente domanda di risorse naturali, risorse
rinnovabili e non rinnovabili e la disponibilità della terra, con il rischio di annientamento
della biodiversità”. Inoltre, l'esaurimento di energia a basso costo minaccia “lo
sviluppo delle società nel medio periodo”. I recenti disastri ambientali verificatisi
in tutto il pianeta, sia naturali che provocati dall'uomo, ne sono la prova. “Anche
queste catastrofi, come il riscaldamento globale e i suoi effetti meteorologici gravi,
l'inquinamento delle acque e del suolo dovuti alla produzione irresponsabile, l'espropriazione
forzata dei terreni generano più povertà”. “Oltre a questo — proseguono i vescovi
— l'attività economica dominante tecnologicamente sviluppata, secondo la logica dell'efficienza,
della massimizzazione del profitto in poche mani e della socializzazione della perdita,
è caratterizzata da un disinteresse per la dimensione sacra e spirituale della natura
— come parte della creazione amorevole di Dio fonte di Vita — e della gratitudine
dei beni e servizi offerti da essa. Di fronte a queste sfide della realtà del nostro
continente — conclude il Celam — dobbiamo recuperare l'atteggiamento contemplativo.
Il nostro compito è quello di aiutare a risvegliare nelle persone e nelle comunità
una coscienza sensibile alla cura responsabile della natura come luogo sacro che suscita
la scoperta di Dio per noi e per le generazioni future”. (A.L.)