Mons. Sako, in Iraq c'è tensione per la fine della presenza militare Usa
Il presidente statunitense, Barack Obama, sancirà questa sera con un discorso alla
nazione la data simbolica della fine delle operazioni di combattimento in Iraq, dopo
sette anni di presenza nel Paese. Da oggi, le truppe Usa in Iraq sono meno di 50 mila
unità e la loro missione è quella di consigliare e sostenere l’esercito iracheno.
Il premier iracheno al Maliki ha detto che l’Iraq ora è sovrano e indipendente”. Ma
qual è la situazione in questo momento nel Paese? Linda Giannattasio lo ha
chiesto a mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk:
R. – E’ una
situazione di attesa con tanta attenzione. Tutti aspettano che cosa accadrà dopo la
partenza degli americani. C’è paura dappertutto, perché finora il nuovo governo non
è stato formato. Dunque, tutti adesso hanno paura che i terroristi estremisti rientrino
e controllino le città. C’è una grande tensione, un vuoto politico e insicurezza.
Gli americani hanno cambiato il regime, ma poi che cosa è successo...
D.
– Di cosa avete bisogno, quanto è necessaria la presenza della comunità internazionale?
R.
– Abbiamo bisogno di una sicurezza, stabilità interna Ma anche l’impatto dei Paesi
vicini è molto grande e dunque va rispettata l’unità nazionale irachena e anche l’identità
di un Paese.
D. – Questa sera, ci sarà il discorso di Obama e con questo
discorso si segnerà la fine delle operazioni di combattimento in Iraq, lei cosa pensa
di questo?
R. – Non si sa realmente quanti andranno via e quanti rimarranno.
E’ una decisione irresponsabile, secondo me. Sono venuti per la democrazia e così
ci lasciano dopo sette anni, senza realizzare tutto ciò che hanno detto.
D.
– Lei ha ribadito che il ritiro statunitense aumenta la paura degli iracheni per una
guerra civile…
R. – Perché sia l’esercito che la polizia sono stati
formati in maniera settaria, sono gruppi etnici. Dunque, la fedeltà non è alla nazione,
alla patria, ma è una fedeltà politica, e questo crea problemi. Poi, soprattutto,
c’è purtroppo una tendenza anche psicologica che spinge per la divisione, sia al nord
sia al sud. Non si sa, quindi, se saremo una federazione o altro. Ci sono poi tanti
fattori anche all’estero e la frontiera dell’Iraq non è protetta, non ha la possibilità
di proteggere le frontiere e quando gli americani andranno via chi potrà proteggere
le frontiere? Allora gli altri potranno rientrare di nuovo e fare tutto ciò che vogliono.